DVD – GRAN BRETAGNA 2010
Troppa grazia per un blockbuster
Sulla sconvolgente miopia dei distributori italiani è stato scritto di tutto e di più, e non è questa la sede per rincarare la dose, ma si rimane abbastanza di stucco davanti a un film come Centurion, blockbuster con tutti i crismi, ovviamente dimenticato dall’ineffabile distribuzione di qui sopra.
In Centurion c’è tutto quello che un ufficio marketing decente può chiedere per facilitarsi il lavoro: un’ambientazione storica (qui l’antica Roma alla conquista della Britannia) che giustifica battaglie e scontri sanguinosi a profusione, una trama lineare fatta di amori e tradimenti, l’ultima delle Bond Girl (Olga Kurylenko) circondata da attori bellocci eccetera. Il lavoro era già fatto.
Forse è stata la mancanza del 3D, o il fatto che la succitata Kurylenko mostri ben poca epidermide, a bloccare la proiezione italica del film. Peccato, perché Centurion non è affatto brutto, stando al gioco. Certo, i personaggi sono abbozzati e alquanto stereotipati (oltre al protagonista, uomo tutto d’un pezzo cui è rimasto solo l’onore, si veda l’immancabile vecchietto che doveva ritirarsi dopo quell’ultima missione), e la sceneggiatura, dopo una partenza avvincente, comincia a sfilacciarsi: un legionario romano sfugge ai temibili Pitti e si riunisce all’esercito in tempo per subire un’imboscata da cui solo lui e pochi altri sopravvivono. Insieme decidono di recuperare l’amato generale fatto prigioniero e di tornare nelle retrovie, ma saranno inseguiti da un gruppo di Pitti rabbiosi guidati dalla Bond Girl. Chi sopravvivrà? Nel mezzo: atti di eroismo e vigliaccheria, tradimenti e incomprensioni, amori e quant’altro, tante piccole sotto trame, banali e risolte altrettanto banalmente una dietro l’altra a ridosso dei titoli di coda, come se fossero stati dimenticati in fase di scrittura. E anche il combattimento finale lascia un po’ a desiderare…
Dunque, perché Centurion non è affatto brutto? Non lo è grazie al suo regista, Neil Marshall. Celebrato per The Descent, sicuramente tra i migliori horror degli ultimi anni, Marshall è autore anche di Dog Soldiers (inedito in sala) e Doomsday, piccoli grandi film che trasudano un amore appassionato per il cinema di genere, fatto non di citazioni-fotocopia ma di una continua rielaborazione di stili registici e tematiche classiche, senza rinunciare allo splatter pesante e alla critica grottesca della nostra società.
E’ soprattutto con questi film che Centurion ha molto in comune: il tocco di Marshall è ben visibile nel miscuglio di generi, dal cappa e spada all’horror al fantasy, meno spudorato che in Doomsday e più giocato su particolari e atmosfere; è visibile nelle scene di battaglia, dove il sangue (digitale) scorre a fiumi e non si contano le teste mozzate e i crani spappolati; ma è soprattutto in profondità, in quell’atmosfera di pessimismo cosmico, di sfiducia nell’uomo e nelle sue istituzioni che facevano da sfondo a Dog Soldier e Doomsday, che Centurion si eleva sopra i vari King Arthur grondanti retorica reazionaria e battaglie edulcorate. Mentre in questi film l’eroe giustifica le sue stragi motivato da una giusta causa (solitamente un’indefinita e utopica libertà), in Centurion la lotta è mera e sanguigna sopravvivenza, scevra da ogni scusante ideologica e priva dell’aiuto di quelle ambigue istituzioni cui si fa riferimento morale. Qui l’impero romano è sì civilizzato, ma anche subdolo e assetato di sangue; i pitti sono sì barbarici e violenti, ma perché provocati. Bene e male sono troppo mescolati tra loro per potersi schierare, non resta che un pacifico isolamento: utopico, come ironizza la scena finale, sorta di happy ending girato con luci abbaglianti e colori esageratamente caldi, in netto contrasto con i foschi blu che dominano il resto della pellicola. Troppa grazia per un semplice blockbuster. Dev’essere questo che ha spaventato i distributori italiani: che Centurion è un bel film.