Il cielo sopra l’Italia
Per una strana coincidenza, con il suo #Il più grande spettacolo dopo il week-end Fiorello si trova ad essere fortuito traghettatore di un’Italia sospesa tra due dimensioni.
Trattenuta in uno strano limbo politico e sociale – al di là di un ancora vicinissimo difficile e compromettente passato, e al di qua di un ignoto ma certamente non meno faticoso futuro prossimo da costruire – per quattro lunedì consecutivi l’Italia della crisi si affida al suo speciale Caronte televisivo, rendendo possibili sbalorditive cifre d’ ascolto: in continua progressione Fiorello incatena allo schermo più di 13 milioni di spettatori (13.401.000 precisamente nell’ultima puntata del 5 dicembre) raggiungendo lo strepitoso traguardo del 50,23% di share. Cifre da favolosi anni 60 che l’eterno ragazzo di Catania porta a casa grazie ad un intelligente e dosato amalgama di talento e professionalità. La squadra non manca. L’imponente scenografia è di Gaetano Castelli; l’orchestra, diretta dal maestro Enrico Cremonesi, egregiamente calibra l’atmosfera sugli ospiti in continuo avvicendamento, esaltando gli spazi ed accompagnando le coreografie ed il corpo di ballo diretti da Daniel Ezralow. Il tutto supervisionato dalla regia di Cristiano D’Alisera all’interno dello storico Teatro 5 di Cinecittà, il teatro di Federico Fellini.
Quello di Fiorello è il “classico” – anche se rivisitato – varietà brillante e leggero, tutto paillettes e lustrini in cui si ride, spesso, con poco. Del resto poco serve al mattatore siciliano per divertire con la sua fisicità da genitore cinquantenne ben conservato dotato di una irrefrenabile parlantina che si accompagna a quell’aria da ragazzo della porta accanto. La sua bocca è vero e proprio strumento musicale che imita/riproduce persone e cose, ingranaggi e voci. Parla all’italiano medio, ai ricchi e agli arricchiti, parla ai giovani, “ai pischelli”, lancia messaggi – pur rimanendo ad una certa distanza – anche a politici come Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Vladimir Putin. Tuttavia persino quando la sua comicità straripa nei territori della satira lo fa con misura, rimanendo ironia pacata. E’ l’Italia che prende respiro, che riporta indietro le lancette del tempo, che riassapora il gusto della sobrietà, quella di Fiorello.
Durante la prima serata, con una breve incursione di 5 secondi nella puntata del Grande Fratello il suo show apre la strada al desiderio di mettere fine una volta per tutte alla televisione dozzinale, quella dei reality e non solo, che Gramellini definisce una “lunga ricreazione a base di urla e pernacchie”. Sempre elegante – spesso in smoking tempestato di luce – Fiorello percorre e ripercorre l’estesa passerella del suo show, corridoio che squarcia l’immenso corpo degli astanti che a sua volta evoca il più grande corpo dell’Italia tutta – quello degli spettatori da casa ma anche di quelli del web -, paese che viene spronato dalle parole di Benigni, citando il compianto disegnatore Andrea Pazienza, a non tornare indietro, “nemmeno per prendere la rincorsa”. A guardare avanti sulle note dell’Inno del corpo sciolto: espulsi per sempre 18 anni di apatia e sonnolenza umana e civile.
Funambolo artefice di un nuovo precario equilibrio che si colloca tra il comune decoro e l’intrattenimento televisivo classico, con il suo #il più grande spettacolo dopo il week-end Rosario Fiorello, vestito di stelle, ci traghetta da Berlusconi a Monti, persuadendoci a trovare la forza di immaginare un cielo sereno sopra l’Italia del futuro.