Già si sapeva, ma giungono ulteriori conferme sul fatto che la Kodak, e altre compagnie con lei, non stamperanno più pellicola a 35mm. Di salti epocali nella storia del cinema ce ne sono stati tanti, ma questo – non c’è dubbio – risulta come uno dei più giganteschi.
Eppure, nota giustamente Paolo Cherchi Usai sul numero 173 di Segnocinema (pp. 13-16) – non è una rivoluzione che faccia parlare di sé, se non i cinefili e gli storici del cinema. In effetti, se chiedete alla maggior parte delle persone, non saprebbero riconoscere un film proiettato in pellicola da uno proiettato in digitale, né potrebbero dirsi consapevoli che il 3D contemporaneo, a differenza di quello classico, è digitale e non con occhiali polarizzati, e così via. Diverso il caso del passaggio muto/sonoro, dell’introduzione del colore, della stereofonia, del 3D stesso, talmente evidenti da accorgersene anche senza avere cognizioni di causa.
Ora, sulla questione tecnica si può discutere all’infinito. Come in molti momenti di “dissolvenza incrociata” tra una tecnica e l’altra nella storia del cinema, oggi convivono confusamente molti gradi di qualità. Ci sono pellicole e proiettori ormai i disuso e mantenuti al lavoro senza manutenzione, lampade buie e sfarfallii vari; ma ci sono anche copie digitali preparate male e compresse peggio. Non sempre il nuovo è il meglio, anche se presto lo sarà. Cherchi Usai, tuttavia, ci ricorda che il cinema non si esaurisce con la prima visione. Ci sono i problemi di conservazione: paradossalmente il 35mm è da tempo il più sicuro e affidabile dei supporti per il futuro (non si sa mai a quale standard il digitale obbedirà di qui a poco). E poi ci sono i festival di tutto il mondo, che dovranno sempre tenere due proiettori, quello analogico e quello digitale, per gestire le pellicole d’un tempo che – potete scommetterci – non tutte avranno versioni in digitale proiettabili (sempre poi che l’idea scientifica del festival non porti a scegliere comunque la proiezione del vecchio film in pellicola, cioè sul suo supporto originario).
Insomma, i problemi verranno al pettine, e i rischi di perdere altro materiale della storia del cinema sono molto concreti. Intanto, però, il cinema contemporaneo continua a tematizzare le nuove esperienze mediali dentro i propri blockbuster. Se si assiste a Mission: Impossibile 4 in una sala 2K, si vedrà in digitale un film che inserisce nella trama numerosi elementi di futuribilità numerica, dalla lente oculare che scatta foto in jpg al magnifico trompe-l’oeil 3D con cui i protagonisti ingannano la guardia al Cremlino. Una vera reinvenzione del linguaggio cinematografico nell’era del post-cinema, togliendosi anche lo sfizio dell’artigianato, quando Ethan Hunt, in due secondi, disegna un identikit perfetto del nemico con un pennarello sul palmo della sua mano. Geniale.