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Viaggio nell’isola misteriosa 3D

lunedì 27 Febbraio, 2012 | di Alex Tribelli
Viaggio nell’isola misteriosa 3D
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Scorpacciata di cinema e letteratura
Dopo il successo di Viaggio al centro della Terra 3D di Eric Brevig, il regista Brad Peyton ci presenta Viaggio nell’isola misteriosa 3D, suo sequel ideale, liberamente ispirato a L’isola misteriosa di Jules Verne.

La storia è quella di Sean Anderson, già protagonista del precedente film, che assieme al patrigno parte per raggiungere un’isola misteriosa da cui ha ricevuto un messaggio cifrato, attribuibile al nonno scomparso da tempo, un Michael Caine a metà fra Robinson Crusoe e Indiana Jones. Riusciranno a trovarlo grazie all’aiuto di un bizzarro pilota e di sua figlia.
Il film non brilla certo di originalità, un miscuglio di cinema fantasy e d’avventura che non aggiunge nulla di nuovo. Ma non finisce qui perché, non solo si fa presente la fonte letteraria all’interno della diegesi, ma si pesca un po’ da tutta la letteratura fantastica. Infatti, l’isola del film viene trovata grazie a una combinazione delle mappe delle rispettive isole di L’isola misteriosa di Verne, L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson e I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Mettendo insieme queste tre fonti si arriva a costruire un’isola che presenta elementi derivanti da ogni romanzo, dalla perduta Atlantide alla caratteristica “lillipuziana” di animali come gli elefanti. E anche in ambito cinematografico si pesca un po’ qua e un po’ là: la morfologia, flora e fauna dell’isola richiamano l’isola del Teschio di King Kong e la recente Pandora di Avatar; inoltre, la fuga dei protagonisti inseguiti da una lucertola gigante sembra una sequenza presa da Jurassic Park. Ma ciò che è ancor più sconcertante è la somiglianza con Lost: la modalità con cui i nostri eroi si schiantano sull’isola è la stessa di quella dei dispersi del telefilm, si risvegliano entrambi sulla spiaggia fra i rottami e pure l’apertura degli occhi di Sean, dopo essere precipitato sull’isola, è la stessa di Jack Shephard, protagonista di Lost. Insomma, la formula è chiara: si prendono a prestito elementi e situazioni da tutto il cinema e la letteratura fantasy e d’avventura, si combinano con mirabolanti effetti speciali e l’ormai inevitabile 3D, si aggiunge un personaggio, quello del pilota, responsabile di numerose gag per dare un tono comico al film e il gioco è fatto. Un prodotto confezionato ad hoc per intrattenere il tradizionale spettatore passivo. È la riprova che il cinema hollywoodiano non sa più cosa inventarsi.

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