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Grand Theft Auto V

sabato 1 Febbraio, 2014 | di Maria Cristina Andrian
Grand Theft Auto V
Speciale
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SPECIALE GRAND THEFT AUTO V
La violenta storia (in)finita
Parlare della saga di GTA è come parlare della Monnalisa. La cosa migliore da fare non è leggerlo, ma vederlo. O giocarlo, in questo caso. Tuttavia, un avvertimento. Niente di nuovo è apparso sotto il cielo di Los Santos, e se da un lato trovare i consueti giochi citazionisti sui luoghi è sempre un gran spasso, dall’altro si sente la mancanza di uno slancio innovativo.

Perché GTA è sempre lui, con una grafica più bella, una colonna sonora ipnotica e un’interazione fra personaggi ed ambienti al limite del commovente per l’occhio esigente del bazzicatore di console. Però non c’è altro, la formula quella rimane. E probabilmente è questo “pallottole et circenses” che la platea desiderava, visto l’insindacabile successo a livello commerciale. Infatti a salvare il giocatore che cerca quella cosa in piùmediacritica_GTAV_3_290 – quella in grado di far sborsare una cifra non proprio modica – dalla sottile sensazione di deja vù che a lungo andare porta all’irritazione interviene la sceneggiatura, nello specifico, la caratterizzazione di Michael, Trevor e Franklin.
Partendo da quest’ultimo, la somiglianza con i giovanotti rampanti e privi di scrupoli presentati negli ultimi tempi (di crisi) sul grande schermo fa riflettere e non poco su quanto il confine tra film e videogioco sia sottile, conferendo a quest’ultimo una dignità che da molto gli spettava, ma che solo con fatica e in tempi recentissimi ha potuto acquisire. È davvero difficile dipanare la storia di Franklin e non scorgere in lui somiglianze con il rampante e calcolatore Erick di Cosmopolis e il Jordan di The Wolf of Wall Street, accomunati dalla sete di denaro e dalla sfrontata nonchalance con cui sfruttano le loro doti per ottenerlo. Ma il ragazzo è decisamente materiale grezzo e a guidarlo arriva il primo personaggio giocabile, Michael, che gli fa intravedere la differenza fra criminale e boss. Ex rapinatore sotto la protezione dei federali, un figlio “caso umano”, una figlia sculettante e una moglie ad alto tasso di infedeltà, Michael ha carisma, ma i suoi vizi, in primis l’amore per la bella vita, e le sue aspirazioni lo fanno assomigliare molto ad un membro del clan de I Soprano, con la non trascurabile differenza che la sua autorità non è indiscussa come quel del compianto Tony, con il quale condivide anche la frequentazione di uno psicologo. E alla fine, arriva Trevor. Il migliore del trio, la nostra seconda possibilità di gioco, è la virtualizzazione perfetta del giocatore in carne ed ossa che dai tempi del primo, glorioso, GTA si aggira per le strade provocando quanti danni è in grado di causare per il mero gusto di distruggere qualcosa. Non c’è psicologia che lo (s)pieghi, Trevor Phillips è pura forza distruttiva, da una rapina in banca all’incendio di un automezzo lui rappresenta la pulsione violenta che ha portato questo videogioco ad una giusta fama. È la violenza incarnata, ma non una spalla. Il suo background non sembra tanto giustificare la sua psicosi maniacale e violenta, quanto conferirgli un po’ di spessore in più. L’operazione riesce a tal punto che, a gioco finito, è difficile non ammettere come Franklin e Michael non siano lievemente messi in ombra, nella loro evoluzione, proprio dal divertimento disinibito che si accentra nel personaggio di Trevor.
Far collaborare questi tre, vederli arrampicarsi per raggiungere la vetta criminale cui aspirano, interagire con le forze dell’ordine in base al livello di malefatte compiuto è sicuramente coinvolgente quel tanto che basta a mitigare il disappunto per la sensazione di un gioco che pare fermo. Ad un altissimo livello, certo, ma pur sempre bloccato.

Grand Theft Auto V [id., USA 2013] SVILUPPATORE Rockstar North.
DISTRIBUTORE Rockstar Games, Take Two. PIATTAFORME Playstation 3, X-Box 360.
Open World/Azione/Guida/Avventura.

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