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Olimpiadi invernali – Sochi 2014

mercoledì 26 Febbraio, 2014 | di Martina Farci
Olimpiadi invernali – Sochi 2014
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Se vince lo sport, vincono tutti!
È appena calato il sipario sulle Olimpiadi invernali di Sochi e già prevale la nostalgia. Come alla fine di ogni grande evento, è tempo di trarre bilanci e conclusioni sulla rassegna sportiva più discussa degli ultimi anni. Sembravano essere le Olimpiadi della protesta contro le leggi gay, della minaccia terroristica e della sicurezza, dello spreco economico, di Vladimir Putin.

Invece, dopo sedici giorni di gare, si può affermare con certezza che ha vinto lo sport in tutta la sua completezza. È difficile ora trovare un’immagine significativa che racchiuda al meglio tutte le emozioni, ce ne sono troppe, ma indubbiamente Sochi ci ha mostrato una Russia inedita. Fin dalla cerimonia di apertura, diretta da Konstantin Ernst, direttore generale del primo canale russo e capo mediacritica_olimpiadi_invernali_sochi_2014dell’Agenzia creata ad hoc per l’inaugurazione, siamo stati trasportati in un viaggio ricco di magia e poesia, dove più di 3.000 artisti si sono esibiti nel racconto toccante di un Paese, dal Medioevo al XX Secolo, passando per la rivoluzione bolscevica del 1917. Ad accompagnare tutto ciò i riferimenti ai personaggi che ne hanno fatto la Storia, da Dostoevskij a Tolstoj, da Tchaikovsky a Rachmaninov, per immortalare una cultura dal patrimonio mondiale. Effetti speciali, luci, scenografie imponenti per una cerimonia che vuole richiamare i Giochi estivi di Mosca 1980, soprattutto in quella di chiusura, il cui direttore artistico è stato l’italiano Marco Balich. Una visione ancora più poetica di una Russia che non ha nascosto le proprie debolezze, elogiando l’arte e mostrando al mondo la propria ironia, riproducendo anche i cinque cerchi olimpici non perfetti, unico intoppo di quella inaugurale. Protagonisti principali, però, sono gli atleti. Come una magia, entrano dal centro dello stadio, pronti a inseguire i loro sogni. Sogni realizzati, sogni infranti, costellati da lacrime di gioia o di delusione, che hanno immortalato lo sport vero. È stata l’Olimpiade della dedica speciale di Bode Miller, delle medaglie di Ole Einar BjØrndalen, del record di Armin Zoeggeler e della Russia, che ha vinto il medagliere, nonostante pesi ancora il dramma nazionale per l’eliminazione dell’hockey maschile ai quarti di finale e il ritiro dello Zar del pattinaggio su ghiaccio Evgeni Plushenko. È stata l’Olimpiade di Sky, che con approfondimenti e dirette ha regalato a tutti gli appassionati degli sport invernali servizi e ascolti incredibili per una pay-tv, relegando a Cielo e a gran parte degli italiani il minimo indispensabile, ma che ha comunque raggiunto il picco di spettatori, 2.270.000, per la medaglia di Carolina Kostner. Forse per l’Italia è stata la medaglia più bella, quella che non solo ha incantato con l’Ave Maria di Schubert e il Bolero di Ravel, ma ha dimostrato che dopo le cadute ci sono le vittorie e i sorrisi più belli, perché lo sport è divertimento, sacrificio e, soprattutto, un insegnamento di vita. Poco importa se non ha suonato l’Inno di Mameli o abbiamo disboscato i boschi della Russia con le otto medaglie di legno: a Sochi ha vinto lo sport, quello che riesce ad emozionare con una manche di slalom gigante, un tiro di biathlon, o con soli 500 metri di short track. E ora, dopo la chiusura del braciere da parte della commossa mascotte Misha, appuntamento a PyeongChang nel 2018.

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