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The Sound and the Fury

mercoledì 10 Settembre, 2014 | di Francesco Grieco
The Sound and the Fury
Festival
0
Voto autore:

71a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, 27 agosto – 6 settembre 2014, Lido di Venezia

“Aveva l’odore degli alberi”
L’attesa, ambiziosa trasposizione cinematografica del classico di Faulkner The Sound and the Fury non è il primo confronto tra il cinema di James Franco e la letteratura del grande autore americano. Prima c’era stato, infatti, As I Lay Dying, sempre con Danny McBride e Tim Blake Nelson nel cast. The Sound and the Fury, a differenza del discutibile Child of God dell’anno precedente, è un film abbastanza riuscito, che ha tra i suoi pregi principali la fotografia e la colonna sonora musicale quasi onnipresente, ossessiva come le personalità dei protagonisti.

Fotografia e musiche concorrono a rappresentare con successo l’atmosfera tipicamente sudista del romanzo, i mondi psicologici che esso esplora (quello di Benjy in particolare), la sensualità della natura. La sceneggiatura di Matt Rager conserva la stessa suddivisione in capitoli del libro, intitolando ogni parte con il nome di uno dei protagonisti (Benjy, il suicida Quentin, anche lui ossessionato da Caddy, il duro Jason), ed Mediacritica_The_Sound_and_The_Furyesplicitando, così, del tutto i cambi di focalizzazione che rendono il testo di Faulkner particolarmente ostico. Chiaramente, nel passaggio al film, si perde il grande valore di sperimentazione stilistica del romanzo. Bisogna accontentarsi, pertanto, del dignitosissimo risultato di Franco, a cui però va rimproverato l’eccesso di protagonismo con cui si ritaglia il ruolo, importante, del minorato Benjy, che gli consente di muggire e sbavare per tutto il film, senza quasi mai cadere nel ridicolo involontario. La sua interpretazione, per l’enfasi sui tic e le stranezze, non è, quindi, molto lontana da quella di Scott Haze in Child of God e conferma l’attenzione quasi morbosa di Franco per gli aspetti più grotteschi del comportamento umano. Una morbosità che raggiunge il culmine in quell’oggetto strano che è Interior. Leather Bar. Nei film in cui, invece, Franco è vincolato al rispetto di un testo nobile di partenza, gli eccessi sono più ridotti (si pensi a come sono appena accennati la castrazione di Benjy e il legame morboso tra Quentin e la sorella Caddy) e si manifesta una certa capacità di narrazione. Le diverse voci fuori campo (che alludono all’odori sentiti dai personaggi), i numerosi flashback, che ripercorrono in parte l’infanzia dei Compson, la confusione dei nomi (oltre a Quentin c’è anche la giovane, omonima, Miss Quentin, che sale sugli alberi e viene scoperta a baciarsi con un uomo, proprio come Caddy) possono rendere il racconto poco lineare, ma non pregiudicano il suo svolgimento né disorientano lo spettatore. Considerando la difficoltà del testo di Faulkner, il film di Franco, dunque, perlomeno non si rivela un pastrocchio senza capo né coda. Fra una decina d’anni, magari questo simpaticone diventerà, finalmente, un vero, grande regista.

The Sound and the Fury [Id., USA 2014] REGIA James Franco.
CAST James Franco, Seth Rogen, Danny McBride, Joey King, Tim Blake Nelson, Scott Haze.
SCENEGGIATURA Matt Rager (dal romanzo omonimo di William Faulkner). FOTOGRAFIA Bruce Thierry Cheung. MUSICHE Tim O’Keefe.
Drammatico, durata 101 minuti.

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