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La zuppa del demonio

domenica 14 Settembre, 2014 | di Edoardo Peretti
La zuppa del demonio
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La ballata delle illusioni
Con La zuppa del demonio Davide Ferrario torna all’affezionato documentario, accompagnandoci in un viaggio lungo la storia dell’idea e della fiducia del progresso nel Novecento italiano, facendo parlare i film industriali e le immagini di repertorio, forniti dall’Archivio Nazionale del Cinema d’impresa della Cineteca.

Partendo dagli anni Dieci e dal Futurismo, e arrivando alla crisi petrolifera ed energetica del 1973, risuonano le voci di intellettuali, testimoni della fiducia nel progresso e nell’industrializzazione che, nel bene e nel male, ha cambiato il volto del nostro Paese, dell’entusiasmo quasi infantile, della speranza un po’ concreta e un po’ utopica,mediacritica_la_zuppa_del_demonio così come dei dubbi sommessi e delle prime già evidenti storture. Le voci di Marinetti, Bianciardi, Olmi, Pasolini, Bocca, Buzzati (al quale si deve il titolo) e di altri – a volte di carattere più letterario, altre di carattere più giornalistico – accompagnano le ricche immagini di repertorio, facendo da controcanto, o spiegando il senso più “storiografico” implicito, alle parole dei protagonisti di quei filmati e alle immagini stesse. La zuppa del demonio supera i limiti dell’interessante documentario storiografico di repertorio, oltre che per la sagace scelta dei filmati e per il loro interesse “autonomo”, soprattutto per due motivi. Innanzitutto, la colonna sonora di Fabio Barovero, assoluta co-protagonista: assistendo a questo viaggio nella storia industriale del Novecento italiano sembra di assistere anche ad una jam session, dall’evidente ruolo significante. Le rapsodie elettroniche così come assoli jazz molto free evidenziano l’entusiasmo e la speranza, mentre brani più elegiaci e sommessi accompagnano la nostalgia dell’Italia (e del paesaggio) che fu così come la perdita d’illusioni. L’altro punta di forza è il continuo dialogo col fuoricampo del presente. La crisi, il crollo dell’attività industriale, le tensioni sociali, le inutilizzate carcasse industrial-archeologiche, la devastazione del paesaggio, così come la sparizione della classe operaia e la disoccupazione non vengono mai citate (neanche quelle coeve ai filmati), ma sono continuamente l’invitato di pietra con cui le immagini scelte, e i soggetti di queste immagini (per fare un esempio, l’Italsider di Taranto), sembrano dialogare. Il documentario, così, grazie a questo implicito ma evidente riferimento all’oggi, piuttosto che una trattazione storiografica appare come un’opera a tesi, che sostiene, senza però pigiare sull’acceleratore dell’immediata polemica ideologica ma anzi tenendo un approccio decisamente sfumato e problematico, l’idea per cui la fiducia nel progresso industriale sia stata da un lato comprensibile e giusta, ma dall’altro eccessiva e incontrollata, più ingenua e cieca rispetto ad altri Paesi industrializzati oggi come oggi meno devastati.

La zuppa del demonio [Italia 2014] REGIA Davide Ferrario.
SOGGETTO Davide Ferrario, Giorgio Mastrorocco. FOTOGRAFIA Ezio Gamba. MUSICHE Fabio Barovero.
Documentario, durata 80 minuti.

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