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Comfort Television

sabato 20 Settembre, 2014 | di Sara Martin
Comfort Television
Editoriale
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Su che canale ci sintonizzavamo vent’anni fa quando avevamo un momento di tempo libero, magari nell’attesa di sederci a tavola, oppure mentre eravamo occupati in qualcos’altro? E dieci anni fa? Qual era la nostra “comfort television” capace di farci staccare la spina per un po’?

Nel 1994, quando Telepiù era cosa da ricchi o da esperti del settore, le tre reti Mediaset erano i canali prediletti per un uso interstiziale della televisione nell’arco della giornata. C’erano Forum con Rita Dalla Chiesa (quello c’è ancora… ma ora è peggio: lo conduce la Palombelli), Agenzia Matrimoniale e Ti amo, parliamone con Marta Flavi;mediacritica_confort_television Magnum P.I., A-Team e MacGyver (in questo preciso ordine e a partire dalle 16 circa) e poi i quiz popolari del pomeriggio o del preserale, quelli facili che richiedono basse competenze, come per esempio La ruota della fortuna con Mike Bongiorno o Ok, il prezzo è giusto! con Iva Zanicchi.
Nel 2004 eravamo in piena epoca “format d’importazione” con il successo dei reality show (terza e quarta edizione di Grande Fratello – già in discesa con la conduzione di Barbara D’Urso) e dei “big money show” come Chi vuol essere milionario?. Ma Sky, nata in Italia un anno prima, entrava velocemente nelle case degli italiani e altrettanto velocemente iniziavano ad imporsi canali tematici di diversa natura.
Nell’arco di dieci anni, soprattutto grazie al digitale terrestre, il cambiamento è stato gigantesco. Oggi la tv che guardiamo nei ritagli di tempo (ma forse preferiamo sempre più intrattenerci con i social o col web in generale) è altra cosa. Oggi ci sono i canali tematici. Fine Living, che è stato lanciato in Italia a marzo, si occupa di factual entertainment (moda, arredamento, cucina, viaggi). Su Fine Living ci sono persone che ci raccontano della loro decisione di cambiare vita e cercare casa alle Hawaii (Hawaii Life), oppure ci vengono mostrate le case con le piscine più belle che si possano immaginare (Piscine da urlo), o ancora c’è un personaggio pelato e simpatico che va in giro per gli hotel degli States a cercare la sporcizia e il degrado nelle camere, per dare una mano ai proprietari a far in modo che gli affari migliorino (Hotel da incubo). E noi, in quei dieci minuti prima di cena, o la sera tardi quando per andare a letto è presto, ma per iniziare a vedere un film è tardi, siamo letteralmente catturati da queste trasmissioni. Perché ci interessano le case degli altri e le macchie sui copriletti degli hotel? Perché questi sono format praticamente privi di target: li guarda un ragazzino così come una casalinga o un pensionato. Hanno una struttura semplice e universalmente codificata: per quanto esile ogni episodio rispetta una classica ripartizione in tre atti che incolla lo spettatore allo schermo. Non fanno distinzione di classe sociale: chiunque può essere attratto da un viaggio a sorpresa (Trip Flip), o dal migliore cibo di strada del mondo (Street Food). È una televisione rilassante, confortevole, sa svuotare il nostro cervello anche solo per una mezz’ora. A qualcuno piace, a qualcuno no. Ma oggi possiamo scegliere, ed è meglio così.

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