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In questo numero

American Pie (1999)

mercoledì 10 Dicembre, 2014 | di Leonardo Cabrini
American Pie (1999)
Film History
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Voto autore:

SPECIALE CINEMA DEMENZIALE U.S.A., II PARTE
La necessità di essere idioti
Non ci stancheremo mai di sostenere l’importanza di American Pie. Un film che ha l’indiscutibile pregio di aver ravvivato la senescente teen comedy degli anni Novanta, innestandone un dirompente contrappunto demenziale.

Uno dei quei cult movie che può vantarsi dell’appellativo di imprescindibile almeno all’interno di un canone che fa riferimento al filone giovanilistico americano, quello che per tutto il primo decennio del nuovo millennio imperversava nelle sale e nei salotti (quando distribuito straight to video) al ritmo delle sguaiate risate di un’intera generazione di idioti (la nostra).mediacritica_american_pie Da 100 ragazze a Maial College, da Fatti strafatti e strafighe a Road Trip passando per American School, American Trip, Old School, il film dei fratelli Weitz si è rivelato (nel bene e nel male) fautore di una corrente e progenitore di una nuova ondata più teorica e colta (Apatow e Todd Phillips) dimostrandosi il più degno erede di Porky’s. Ma quali sono i pregi di American Pie? Principalmente l’idea di raccontare la fase post-adolescenziale della vita mettendone in luce l’imprescindibile stupidità. Guai a non essere scemi a 18 anni! Di quella scemenza che determina la ragion d’essere del demenziale, e che qui diviene parte di una realtà meticolosamente ricostruita. Ed ecco che deiezioni, volgarità, scatologia e materia biologica, entrano educatamente di soppiatto, costruendo climax senza troppo mettere in subbuglio la stabilità del mondo-set. In fondo il padre di Jim si dimostra più che comprensivo, nonostante nemmeno a lui (a sua detta gran masturbatore) fosse mai venuto in mente di scoparsi una torta di mele. Anche il costante riferimento alla pornografia e al sesso come oggetto di valore generazionale, altro non è che la riproposizione fedele della realtà di teenager. E noi non finiremo mai di ringraziare la mamma di Stifler per averci fornito una keyword (MILF – Mom I’d Like to Fuck) che si rivelerà essenziale nelle nostre avventure nel mare magnum dei siti porno. Un franchise di largo successo, che ha germinato una serie di pessimi spin-off (nel 2005, 2006, 2007 e 2009) e di ottimi sequel (nel 2001, 2003 e 2012). Quest’ultima categoria si è dimostrata più che efficace nel riproporre il ricordo di quando si era giovani e stupidi. In American Pie 2 gli amici di una vita si ritroveranno per gli ultimi grandi bagordi prima di diventare definitivamente adulti; American Pie – Il matrimonio rappresenterà la pietra tombale della gioventù libera e stupida; Amerian Pie: ancora insieme sarà la rimpatriata ai tempi di Facebook nella catacombale constatazione che i giovani sono altri. E noi, generazione nata negli anni ‘80, ci ritroviamo mestamente compartecipi all’invecchiamento di attori quasi coetanei, attori che fanno parte del nostro immaginario esperienziale, attori-specchio del nostro inaspettato invecchiamento. Ma è sempre tempo per ritrovarsi idioti insieme.

American Pie [id., USA 1999] REGIA Paul Weitz, Chris Weitz.
CAST Jason Biggs, Chris Klein, Thomas Ian Nicholas, Sean William Scott, Eddie Kaye Thomas, Tara Reid.
SCENEGGIATURA Adam Herz. FOTOGRAFIA Richard Crudo. MUSICHE John Gamberling, Carvin Knowles, David Nessim Lawrence, Blink 182, Mack Gordon, Harry Warren.
Commedia, durata 96 minuti.

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