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In questo numero

Il serpente e l’arcobaleno (1988)

sabato 5 Settembre, 2015 | di Gabriele Baldaccini
Il serpente e l’arcobaleno (1988)
Film History
2
Voto autore:

SPECIALE WES CRAVEN
Il crudo e il cotto
L’antica leggenda voodoo vuole che il serpente sia il simbolo della terra e l’arcobaleno quello del paradiso. Il primo è un essere che si allunga e striscia sul suolo, il secondo è uno spettro di luce che si riflette nel cielo. Come a dire la materia più concreta e densa contrapposta a quella più astratta e volatile. Ma come si rapporta l’essere umano rispetto a queste due allegorie?

Cerca di spiegarcelo Wes Craven con Il serpente e l’arcobaleno, un film che, ispirandosi alle ricerche dello studioso Wade Davis, mette in scena la Haiti degli anni Ottanta, quella, per intenderci, disumana e sanguinaria di Jean-Claude Duvalier. In questa parte del globo, la polvere che permette di ridurre in zombie qualsiasi essere vivente è oggetto di contesa tra la dittatura haitiana e una potente industria farmaceutica americana,mediacritica_il_serpente_e_l_arcobaleno_1 che utilizzano rispettivamente due pedine che possono essere tranquillamente sacrificabili: lo spietato Dargent Peytraud e l’antropologo Dennis Alan. A configurarsi come i due strumenti principali di potere sono quindi la religione e il denaro, due vere e proprie entità che prendono il controllo di tutto ciò che riescono a sfiorare. Esse sono il motivo per cui ogni cosa si guasta e si corrompe. Con argomenti così concreti, lo sguardo con il quale il regista americano riesce allora a condurre verso certi eccessi visivi (vedere per credere il pirotecnico finale) la materia narrata, e allo stesso tempo a contenerla sempre in una sorta di spettrale equilibrio, ha dell’incredibile. Ciò che ne viene fuori è un mondo sempre sospeso tra concretezza e astrazione, tra realtà e fantasticheria, dove l’uomo è perennemente intrappolato tra queste due dimensioni. E proprio come quasi in ogni film di Craven, la forza metaforica del racconto si potenzia man mano che la narrazione va procedendo: gli uomini sono “zombificabili” in quanto è essenzialmente innata in loro la predisposizione a farsi controllare da ciò che ritengono più forte e potente, da ciò che in qualche modo li spaventa. Ma quello che li terrorizza più di ogni altra cosa è naturalmente la morte; una volta compreso che ci sono sentimenti più potenti della paura, potranno riuscire a sconfiggere anche la più terribile forma di potere. È questo in definitiva il messaggio principale che consente a Craven di concepire uno dei suoi film più compatti, usando questa volta la forma tipica dell’horror fantastico non per farne già un contenuto, ma per permettere a ciò che invece contiene di emergere con il massimo della forza possibile. Dimostrazione ennesima di come egli sia stato, per il panorama cinematografico statunitense degli anni Ottanta, uno dei pochi ad aver realmente compreso il potere figurale immenso del cinema di genere.

Il serpente e l’arcobaleno [The Serpent and the Rainbow, USA 1988] REGIA Wes Craven.
CAST Bill Pullman, Cathy Thyson, Zakes Mokae, Paul Winfield, Brent Jennings. SCENEGGIATURA Richard Maxwell, Adam Rodman. FOTOGRAFIA Glenn Farr. MUSICHE Brad Fiedel.
Horror, durata 98 minuti.

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