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In questo numero

Stories We Dance 2016: quattro film

mercoledì 6 Luglio, 2016 | di Erasmo De Meo
Stories We Dance 2016: quattro film
Festival
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Stories We Dance – International Videodance Contest, 29 – 30 Giugno 2016, Genova

Danzare sui confini
Dallo scorso articolo dedicato a Stories We Dance ho lasciato volutamente fuori quattro opere – a mio parere le migliori tra quelle proiettate – accomunate da uno stesso orizzonte rappresentativo: il limite.

Si tratta di Disruptions di Felipe Frozza and Ulrike Flämig, How Are You Today di Chiu Chih-Hua, Vecinas di Natalia Sardi e Tango Brasileiro di Gabriela Alcofra e Billy Cowie, tutte del 2015, tranne quest’ultima del 2014. La danza stessa, nel suo farsi, nel suo nascere, è superamento del limite: un corpo immobile diventa vivo, il silenzio diventa dialogo emotivo, salta il vincolo tra funzionalità e azione. How Are You Today è esemplare, ha il dono della brevità e della concisione, è comunicazione senza filtro. mediacritica_stories_we_dance_erasmo_290Due giovani salgono sul tetto di uno dei palazzi di Hong Kong come per prendere un po’ d’aria e distrarsi prima di tornare alle occupazioni quotidiane. Ma è qui, in questo momento senza funzione, lontani dal mondo dell’efficienza, che i due ragazzi possono liberarsi e passare dall’aridità della pianta senza foglie presa in mano dalla ragazza alla umidità viva del sudore e del respiro accelerato. I parapetti gialli segnano i confini della terrazza, il ragazzo ne salta uno dando visivamente l’illusione di gettarsi nel vuoto, ma è uno scherzo, oltre c’è ancora un piano su cui poggiare: se il limite sembrava oltrepassabile solo con l’annullamento della corporeità, ora si può ridere insieme del limite, e si può vivere con e malgrado esso. È così che la ragazza, lanciandosi in movimenti pieni di magnetismo e purezza si contamina con le pareti entrandovi n contatto, accetta il limite sfruttandolo, diventando tutt’uno con esso, la polvere gialla delle pareti le riempie il corpo: la danza vive nel limite. Ugualmente in Vecinas due donne sono separate da una parete, ma il bianco e nero dimostra come anche due mondi opposti possono incontrarsi nel grigio. Le donne abitano spazi vuoti di oggetti e di accadimenti e i loro movimenti sono tagliati dall’inquadratura quasi a renderli non loro, atti involontari, sfoghi automatici privi di finalità. Questa scissione da sé stessi e dal proprio corpo viene colmata quando oltre la parete si percepisce un suono-vita che porta le due donne in uno stato quasi di trance, guidato dalla assoluta sicurezza della convenzionalità abbattibile del limite. Ma di limitazioni invalicabili ce ne sono eccome, in Disruption una ragazza danza sul muro di confine tra Israele e Palestina, i suoi movimenti sono quelli di un corpo costretto dal corpo come un popolo costretto da confini troppo stretti. I suoni sono quelli di strada, le immagini sovrappongono al gesto artistico la verità della Storia, che, impersonata da un vero soldato, minaccia di sparare la ragazza non appena i suoi gesti superano il muro. L’irruzione della realtà annulla il tempo dell’arte e la camera finisce con l’inquadrare il buio. Ma può avvenire il processo inverso, Tango Brasileiro attraverso l’utilizzo di immagini d’archivio trasforma il tempo della Storia fissato su pellicola in tempo dell’arte, attualizzando un nuovo possibile presente pronunciando la parola now. I fermi immagine, i ralenti, i nuovi gesti sono pensieri, considerazioni, iterazioni di un passato che non passa mai veramente. Il tango è così ritmo ripetuto e malinconico, linguaggio che calpesta i limiti del tempo in una danza universale.

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