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In questo numero

Alice nel Paese delle Meraviglie (1951)

sabato 24 Dicembre, 2016 | di Eleonora Degrassi
Alice nel Paese delle Meraviglie (1951)
Speciale Classici Disney
2
Voto autore:

SPECIALE CLASSICI DISNEY
“Come regalo di Natale ad una bambina in ricordo di un giorno d’estate”
Lewis Carroll dedica la prima edizione di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie alla bimba per cui aveva inventato giochi di parole e indovinelli in una passata estate. E proprio da questo mondo strabordante e delirante, oltre che da Alice attraverso lo specchio, trae materia Alice nel Paese delle Meraviglie di Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wildfred Jackson.

Il libro aveva suscitato l’interesse di Walt Disney tanto che questo, e non Biancaneve e i sette nani, sarebbe dovuto essere il primo film del produttore ma a causa di un dolorosissimo evento, la guerra, ha visto la luce solo nel 1951. Alice è sicuramente una pietra miliare nella filmografia di genere (molte sono le trasposizioni cinematografiche, da quella del 1903 a quelle burtoniane), ma è un’opera diversa rispetto mediacritica_alice_nel_paese_delle_meraviglie_290_1ad altri prodotti per bambini. Al centro c’è Alice che ha un solo desiderio, non vivere secondo le dure leggi degli adulti, un sogno questo che poi diventerà incubo; la protagonista vaga alla ricerca del Bianconiglio che con orologio e panciotto la spinge all’avventura. Sono striscianti ambiguità e angoscia (il celebre “Tagliatele la testa”): tra balli e canti c’è la perdita dell’io bambino per far posto all’età adulta, come sarebbe dovuto succedere a Peter Pan. Il Paese in cui si perde e disperde l’eroina è il mondo del paradosso, in realtà della disarmonia, del possibile, in realtà della crudeltà, dove tutto ciò che è non è e ciò che non è è. L’ansia spasmodica del Bianconiglio di essere in ritardo, il reiterato festeggiamento del buon non compleanno – rappresentazioni di un mondo in contrasto con il Tempo e il suo naturale scorrere −, la supremazia ottusa del potente e l’impotente sottomissione del debole (la storia delle ostrichette e la Regina di Cuori) e la boria e la derisione per chi è estraneo a quel mondo (il Brucaliffo, i fiori, il Leprotto Bisestile e il Cappellaio Matto) sono specchio non solo dell’epoca in cui è stato scritto il romanzo, ma anche di quella in cui è stato realizzato il film, come della nostra. Sono proprio questi personaggi a far cadere Alice nella disperazione più nera, nonostante i colori sgargianti e la crudele gioia che esprimono, e si sente così sempre più sola in un luogo dove nessuno è in grado di capirla. Nel suo trip psichedelico, aiutato da una sceneggiatura sincopata, quasi anti-narrativa (non apprezzata all’uscita del film) e da storie slegate le une dalle altre, Alice, crescendo e rimpicciolendosi di statura (metafora delle montagne russe della pubertà), inglobata e estromessa dal gruppo, vive le trasformazioni fisiche e psicologiche (“Chi essere tu?”) di una bambina in evoluzione. Per questo e non solo Alice resta un film da vedere e rivere per ritornare in quel Paese delle Meraviglie dove tutto è possibile.

Alice nel Paese della Meraviglie [Alice in Wonderland, USA 1951] REGIA Clyde Geronimi, Hamilton Luske, Wildfred Jackson.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Kathryn Beaumont, Ed Wynn, Richard Haydn, Sterling Holloway.
CAST (DOPPIATORI ITALIANI) Vittoria Febbi, Carlo Romano, Gaetano Verna, Stefano Sibaldi.
SCENEGGIATURA Winston Hibler, Ted Sears, Bill Peet, Erdman Penn, Joe Rinaldi, Milt Banta, William Cottrell, Dick Kelsey, Joe Grant, Dick Huemer, Del Connell, Tom Oreb, John Walbridge (tratta dall’omonimo romanzo di Lewis Carroll). MUSICHE Oliver Wallas.
Animazione, durata 75 minuti.

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