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In questo numero

Three Billboards Outside Ebbing, Missouri

sabato 9 Settembre, 2017 | di Edoardo Peretti
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Speciale Venezia 74
3
Voto autore:

74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, 30 agosto – 9 settembre 2017, Lido di Venezia

SPECIALE VENEZIA 74
Piccolo spazio pubblicità
Tra i film migliori e più celebrati del concorso di Venezia 74 c’è di certo l’esilarante, complesso, beffardo e problematico Three Billboards Outside Ebbing, Missouri, di Martin McDonagh, sardonica opera in grado di penetrare come un coltello nella profondità di un contesto di provincia e nella disperazione e nel cinismo che certi eventi traumatici possono causare in un individuo.

Il grottesco dei Coen si unisce, con un pizzico di atmosfere alla Twin Peaks (c’è pure un nano), alla rappresentazione dell’eroe solitario e contraddittorio tipico di Clint Eastwood. Anzi, non un eroe, ma un’eroina: Frances McDormand (stratosferica) è una madre la cui figlia è mediacritica_three_billboards_outside_ebbing_missouri_290stata rapita, violentata e uccisa. Per muovere le acque dell’indagine ferma al palo affitta i tre cartelloni pubblicitari del titolo, sui quali affigge accuse alla polizia e allo sceriffo locale (Woody Harrelson). Provocazione che scatena reazioni sempre più incontrollabili, con la donna che continua imperterrita sulla strada della ricerca della giustizia e della verità nonostante una comunità sempre più ostile e stretta intorno allo sceriffo. Sceriffo che non è il classico tutto muscoli e cervello, o l’altrettanto classico corrotto; non c’è manicheismo, ma tra il poliziotto, anche lui in qualche modo vittima degli eventi, e la donna nasce una certa vicinanza ideale. La disperazione rende la coriacea protagonista cinica e pronta a tutto, senza remore morali e senza guardare in faccia a nessuno, neanche al dolore altrui. Un’eroina solitaria, sfaccettata e con la quale non sempre si riesce, nonostante la sua tragedia, a empatizzare fino in fondo, portata dal dolore sempre più vicino alla deriva morale. Rischio, quello della deriva morale, che lo splendido, ambiguo e quasi agghiacciante finale rende concreto. McDonagh dipinge senza schematismi un ritratto cupo e beffardo di una piccola comunità come tante giocando sui rapporti di forza tra i personaggi e sulle loro tormentate condizioni interiori, mettendo l’intreccio dell’indagine e lo svelamento del mistero in secondo piano, in una posizione strumentale. La cittadina dove la vicenda si svolge appare come un coacervo di disillusioni, solitudini, rabbia, violenza e fallimenti. Il costante ed esilarante black humour e il fuoco di fila di battute riuscite, sguardi perplessi e dialoghi ficcanti da un lato sì alleggerisce il peso delle tematiche, ma soprattutto contribuisce a rendere ancor più tetro e straniante il contesto, risultando quindi perfettamente inserito nell’economia dell’opera e coerente con i suoi obiettivi. Three Billboards Outside Ebbing, Missouri qua e là appare come una screwball sui mali di una società, e anche per questo funziona a meraviglia. È anche il film più efficacemente “antitrumpiano” visto alla Mostra, perché respira e rielabora l’aria che tira senza affidarsi a sequenze posticce e retoriche.

Three Billboards Outside Ebbing, Missouri [id., USA 2017] REGIA Martin McDonagh.
CAST Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Peter Dinklage, Lucas Hedges.
SCENEGGIATURA Martin McDonagh. FOTOGRAFIA Ben Davis. MUSICHE Carter Burwell.
Commedia/Drammatico, durata 110 minuti.

3 Comments

  1. Pingback: Venezia 74: tu vuò fà l'americano - Mediacritica – Un progetto di critica cinematografica

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