I tre moschettieri
Nelle ricostruzioni storiografiche più radicate l’horror declinato in commedia e con vari livelli di autoparodia viene considerato un filone esploso perlopiù negli anni ’80, con i vari Landis e Dante e con opere chiaramente giocose come Creepshow o Ai confini della realtà, e continuato nei decenni successivi prima con il postmoderno alla Scream e poi con il proliferare nella contemporaneità di film quasi dichiaratamente disillusi sulle possibilità di fare davvero paura come Quella casa nel bosco.
In realtà il connubio horror-commedia e il ribaltamento quasi parodico di schemi e stilemi sono vecchi come il cinema di paura, e spesso sono stati attuati dagli stessi registi. Già nel 1932 James Whale aveva scherzato in maniera raffinata sulle atmosfere alla Frankenstein con il delizioso The Old Dark House, mentre nel 1963 il ciclo dedicato da Roger Corman a Edgar Allan Poe ha avuto un capitolo dedicato più alla risata che alla paura con I maghi del terrore. Il film è tratto dal celebre poema dello scrittore statunitense, adattato da Richard Matheson, e rispetta molte delle coordinate viste nei film realizzati in quel periodo dall’artigiano autore: atmosfere gotiche in technicolor, luoghi tipici come castelli imponenti e impolverati, la chiara impostazione letteraria e la capacità artigianale di saper creare inquietudine e atmosfera dal minimo indispensabile, puntando soprattutto sull’esaltazione delle scenografie e degli ambienti. Tutto questo è presente ne I maghi del terrore, ma è anche ribaltato, come fosse un divertissement. Il duello tra Scarabus (Boris Karloff) e Craven (Vincent Price) si svolge perlopiù con l’arma dei dialoghi tinti di un humour molto british, intervallati da momenti in cui le magie e i trucchi dei due protagonisti hanno conseguenze quasi slapstick, con il malcapitato Bedlo (Peter Lorre) come vittima preferita. Dei tre protagonisti vengono sottolineate le caratteristiche meno nobili e più veraci (l’affetto verso l’alcool di Bedlo, per esempio, o la fifa che talvolta emerge in Craven), esaltate dalla magnifica mimica facciale dei tre attori. Price, Lorre e Karloff – senza dimenticare un già efficace Jack Nicholson nel ruolo dello sciocco e spaesato figlio di Bedlo – vengono infatti lasciati a briglia sciolta, e di certo non fanno pentire il regista. La loro intesa è perfetta, lo scambio dei dialoghi in molti momenti pare avere la stessa forza di uno scambio di battute in una partita del grande slam, così come, se presi singolarmente, funzionano il loro istrionismo e molte delle loro espressioni facciali. Buona parte del merito della riuscita del film va quindi ai tre magnifici protagonisti, nonostante sarebbe riduttivo dimenticarsi di Corman, allora nel periodo della sua carriera che lo avrebbe consegnato alla storia del cinema, fosse anche solo per la sua capacità di dirigere gli attori.
I maghi del terrore [The Raven, USA 1963] REGIA Roger Corman.
CAST Vincent Price, Peter Lorre, Boris Karloff, Jack Nicholson, Olive Sturgess.
SCENEGGIATURA Richard Matheson (tratta dal racconto Il Corvo di Edgar Allan Poe). FOTOGRAFIA Floyd Crosby. MUSICHE Les Baxter.
Horror/Commedia, durata 86 minuti.