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Prehistoric Cabaret (2014) / Ultra Pulpe (2018)

sabato 23 Febbraio, 2019 | di Erasmo De Meo
Prehistoric Cabaret (2014) / Ultra Pulpe (2018)
Cinema Mandico
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Creazione e solitudine
Prehistoric Cabaret e Ultra Pulpe sono i due film più autoreferenziali di Bertrand Mandico, sono riflessioni personali, dialoghi con se stesso messi in cinema. Entrambi fanno riferimento ad una “storia”, ad un contenuto non mostrato: il primo è preistorico, antecedente a qualsiasi storia, una premessa al senso stesso del cinema; il secondo comincia alla fine di un film, al termine di un illusione.

Il prima e il dopo sono, rispettivamente, il momento dell’aspirazione, della carica creatrice, e della riflessione che conduce a bilanci e ripensamenti. In entrambi Elina Löwensohn interpreta il ruolo principale, che altro non è che quello, figurato, di un regista e quindi di Mandico. In Prehistoric Cabaret ha a che fare con il pubblico a cui chiede se è sicuro di voler restare, perché «quello che state per vedere potrebbe cambiare profondamente la vostra percezione della vita». In Ultra Pulpe invece dialoga con le sue attrici, incapace di accettare l’idea di non avere con loro altri contatti visivi, fisici, creativi e “creatori”. Chiede un ultimo bacio alla sua ultima protagonista e lei, dopo una discreta resistenza, glielo concede: tra le loro labbra si accende una luce da cui sgorga un sangue che è sia vita che morte.

Ciò che sta nel mezzo, tra il prima e il dopo, è il film-storia, è il film-mondo, a cui un autore deve identificarsi e unirsi totalmente e fisicamente. È per questo motivo che l’attrice di cabaret ha un rapporto sessuale con una telecamera capace di «vedere oltre i confini delle cose» e mostrare «il paesaggio interiore», ed è per questo che, dopo il bacio, la regista, auspica ad una regressione fetale e abissale «dove non ci sia più confine tra il me e il te». Ma per concedersi completamente al pubblico, alla creazione, quindi alla verità dell’arte, Mandico riconosce come necessarie una buona dose di orgoglio e una grande capacità di star soli. Finita l’esibizione, infatti, il pubblico comincerà ad andarsene, apparentemente meno sconvolto di quanto ci si aspettava, anzi, abbastanza indifferente e l’attrice chiederà «Vi è piaciuto? Se vi è piaciuto allora ditelo. Ditelo». Non riceverà alcuna risposta e la sua domanda sarà ripetuta a ciclo continuo innumerevoli volte fino alla fine del film e la sua diventa una richiesta d’aiuto, un grido nel vuoto, una voce solitaria. Come quella della ragazza a cui, in Ultra Pulpe, viene concesso di vivere su Marte, in modo da poter essere libera da giudizi ed esente dal pudore e dalla vergogna, dopo aver provato l’umiliazione di essere stata sorpresa dalla madre in atti espliciti. Giunta su Marte però tutto è buio, misterioso, incomunicabile, le sue grida invocano il ritorno, ma il ritorno non è previsto, né a breve, né mai. Forse lo stesso Mandico avverte una certa solitudine se fa dire al suo alter ego «Ho sognato di essere Max Ophuls, ma sono Joe D’Amato. Chi scriverà di me? Sono il regista più odiato della mia generazione, perché mescolo i generi». Ma lui sa che «le immagini dureranno, i corpi imputridiranno» e per questo potrà convivervi ancora a lungo.

Prehistoric Cabaret [id., Francia 2014] REGIA Bertrand Mandico.
CAST Elina Löwensohn, Katrin Olafsdottir.
SCENEGGIATURA Elina Löwensohn, Bertrand Mandico. FOTOGRAFIA Arnar Thor Thorisson.
Drammatico, durata 12 minuti.

Ultra Pulpe [id., Francia 2018] REGIA Bertrand Mandico.
CAST Elina Löwensohn, Pauline Jacquard, Vimala Pons, Lola Creton.
SCENEGGIATURA Bertrand Mandico. FOTOGRAFIA Sylvain Verdet. MUSICHE Pierre Desprats.
Fantastico, durata 38 minuti.

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