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Ju Tarramutu

lunedì 11 Aprile, 2011 | di Francesco Grieco
Ju Tarramutu
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Il silenzio di Dio
“L’importante non è che Tu ci sia o non ci sia, l’importante è la mia vita finché sarà la mia”. I versi di una vecchia canzone di Vecchioni sarebbero un commento ideale al film di Paolo Pisanelli Ju tarramutu, che documenta efficacemente gli sforzi ammirevoli degli aquilani, per riprendersi una città e ricostruire la loro vita quotidiana, ridotta in macerie dal terremoto del 2009.

All’Aquila, nel silenzio assordante del centro storico abbandonato, sembra di sentire solo voci di fantasmi. Chi vi è cresciuto esita a ripercorrere le stesse strade, adesso. Pisanelli ci fa ascoltare un prete che recita messa, mostrandoci allo stesso tempo chiese di grande valore artistico ormai distrutte. Un cardinale deve armarsi di pala e scavare anche lui, insieme agli altri cittadini, per rendersi utile davvero. Liberare L’Aquila dalle rovine diventa un atto sovversivo e i sequestri di carriole sono continui: riappropriarsi della città è un crimine. Ai danni, non pagati, segue la beffa di una giustizia ossimoricamente ingiusta.
Il G8 e il piano C.A.S.E. i momenti in cui è più evidente il fallimento della politica nel gestire il post-terremoto. Il montaggio del film, mai aggressivo, gioca spesso, sottilmente, di contrasto e lascia che sia la realtà dei fatti a parlare. Così è, infatti, con la retorica degli interventi berlusconiani, compresi quelli televisivi, utilizzati come semplice testimonianza dell’accaduto, insieme alle dichiarazioni dei sopravvissuti al terremoto.
Registrazioni audio del 2009 si alternano a immagini delle abitazioni distrutte e delle nuove case degli aquilani. Tendopoli e new town sembrano prigioni del terzo millennio. Tra gli uomini intervistati, spicca un artista francese costretto dalla tragedia a reinventarsi, per lavoro, manovale, ricostruendo le case degli altri, ma senza averne una propria. Paradossi italiani.
Il film non sarebbe lo stesso senza le musiche popolari abruzzesi eseguite dal gruppo Animammersa. A sottolineare ulteriormente lo sguardo empatico, immersivo del regista nella realtà aquilana.

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