Commedia o tragedia, questo è il dilemma
Come ogni sceneggiatore sa, far ridere è molto più difficile che far piangere, ma forse il buon vecchio Ron Howard se n’era dimenticato. Dopo anni di blockbuster tra l’avventuroso e il drammatico, il regista americano – elevato al rango d’autore grazie al successo di A Beautiful Mind – torna nei territori comici degli esordi, ma il risultato è imbarazzante.
Se il regista de Il dilemma non fosse stato Ron Howard, avremmo sicuramente liquidato questo film come una delle tante commediole su trentenni e post trentenni in perenne sindrome da Peter Pan che il cinema americano si ritiene obbligato a propinarci con puntualità da un po’ di anni a questa parte. Ma non c’è solo Ron Howard dietro la macchina da presa, c’è pure un cast interessante: Vince Vaughn, Jennifer Connelly, la rediviva Winona Ryder, la divertente Queen Latifah. Niente da fare: Il dilemma naufraga su tutti i fronti. La colpa sta proprio in quella che dovrebbe essere la base di ogni commedia: la sceneggiatura.
L’esile pretesto narrativo – scopri che la moglie del tuo migliore amico lo tradisce: cosa fai? Racconti la verità al tuo amico, facendolo soffrire come un cane, oppure mantieni il silenzio, rivelandoti un traditore? –, lo si capisce già in partenza, è più tragico che comico. E infatti, complice la bravura di Vince Vaughn, fin da subito percepiamo la sofferenza del protagonista per una sincera amicizia messa a repentaglio: così, tutte le gag infilate a forza tra una svolta e l’altra della trama – cadute dagli alberi, scalate tra piante velenose, imbarazzanti brindisi alla presenza di parenti e amici – camminano sulla china tra il patetico e il ridicolo. La sensazione è di assistere ad un discorso che tenta di essere profondo sul valore della sincerità e dell’onestà nelle relazioni, ma fatto col tono fuori luogo di una barzelletta raccontata male.
E non sarebbe nemmeno la cosa peggiore. Il dilemma è un film noioso, peccato capitale per una commedia. I personaggi sono piatti e monodimensionali – nonostante l’impegno degli attori, soprattutto di Winona Ryder, che sta scoprendo una nuova vita recitativa nei ruoli di “cattiva” -, i tempi comici sono del tutto assenti, alcuni dialoghi risultano davvero lenti e sfiancanti e, in fin dei conti, nulla di quanto vediamo è davvero interessante. E poi, ad un certo punto, tutto finisce: l’inevitabile scioglimento degli equivoci arriva così, dopo un paio di confronti del tutto anticlimatici, e degli amletici dubbi che, per due ore, hanno afflitto il povero Vince Vaughn, non resta praticamente nulla. Nemmeno l’abilità registica di Howard, che coniuga la consueta trasparenza classica con qualche estemporaneo guizzo stilistico, è sufficiente a salvare dall’indifferenza.
Nulla di grave, ci sono cose ben peggiori di una commedia non riuscita. Forse, la prossima volta, al dilemma se fare o non fare una commedia, il buon vecchio Ron Howard dovrebbe rispondere di no. O, quantomeno, assicurarsi di avere tra le mani una vera sceneggiatura.