Solondz in plastilina
Sydney. In un complesso residenziale s’intrecciano le vite di vari condomini. Jim Peck, in depressione dopo la separazione dalla moglie, incontra un barbone che gli chiede i soldi per un caffè puntandosi la pistola alla tempia: in caso di no, si sparerà.
Jim non gli crede, rifiuta e il cervello del barbone gli finisce sulla giacca. Suo figlio più giovane, Dave, personificazione della più ingenua bontà, non riesce a trovare lavoro neanche in un call center, e passa il tempo a leggere fantomatici opuscoli sul significato della vita o che insegnano a nuotare come un delfino. Il fratello Lenny, invece, lavora presso una ditta di recupero crediti, e s’innamora di una top model dalla singolare mania feticista per gli uomini glabri e per degli inquietanti puff in pelle: per amore sceglierà di diventare parte del suo mobilio.
Ron e Michelle si lasciano: lui è un universitario fuori corso, lei una giovane maestra in cerca di una stabilità che Ron, con il suo continuo ubriacarsi e fumar canne, non può darle. Ron cercherà di darsi una mossa, ma i tre piccoli omini che vede quando è sballato lo convincono a perseverare nella sua vita di apatico fancazzista.
Zack, uno degli allievi di Michelle, sogna di comprare l’action figure del suo eroe, Soccer Jack, ma si affeziona a tal punto al suo maialino salvadanaio da non volerlo rompere per alcun motivo, preferendo lasciarlo andare per la sua strada.
L’anziano Albert, rimasto solo dopo la morte della moglie e desideroso di parlare di qualsiasi cosa con chiunque, riceve improvvisamente la visita del barbone suicida che, munito di un paio d’ali, è tornato dal paradiso senza alcun motivo se non quello di scroccare ciambelle e sigarette al vecchietto. Albert vorrebbe veder volare il presunto angelo, ma quando questi rifiuta, lo spinge a tradimento fuori dalla finestra, spappolandolo sul selciato a due passi da Jim, che per la seconda volta si ritrova le cervella del barbone sulla giacca.
In qualche maniera, tutti (o quasi) troveranno una piccola, sorprendente felicità: forse quell’ opuscolo sul significato della vita, dal modico prezzo di 9 dollari e 99 centesimi, contiene più verità di quanto sembra…
Certi termini andrebbero usati con estrema attenzione, ma in questo caso possiamo anche rischiare: $9.99 è un piccolo capolavoro. L’opera prima dell’israeliana Tatia Rosenthal, sceneggiata con Etgar Keret a partire da alcuni suoi racconti brevi, è interpretata da pupazzetti di plastilina animati con la tecnica del passo uno, e riesce a creare un microcosmo di bizzarra ordinarietà, intessendo trame e vite che spaziano dal surreale al patetico al comico, parlando con sincera originalità dei temi “alti” che affliggono la nostra esistenza: il significato della vita, la ricerca della felicità, l’amore e l’amicizia (anche, e specialmente, tra esseri viventi e oggetti). Già definito “il Magnolia in plastilina”, $9.99 in realtà si avvicina più al cinema di Todd Solondz: l’umorismo è tipicamente yiddish, giocato su dialoghi grotteschi e sagaci botta e risposta, ma anche l’intrecciarsi delle storie e le scelte registiche hanno più di un debito con le opere dell’autore di Happiness. Ciò non toglie a $9.99, ovviamente, di vivere di vita propria, e di provocare nello spettatore emozioni sempre più difficili da provare: l’amicizia tra il piccolo Zack e il suo maialino salvadanaio trasuda poesia da ogni fotogramma, i duetti tra il vecchio Albert e il barbone-angelo (doppiato da Geoffrey Rush) fanno sorridere per la sottile, cinica intelligenza, e il finale dove Dave trova il modo di risollevare il morale al padre rischia davvero di far piangere dalla gioia. Anzi, fa proprio piangere, supportato dall’impressione – concreta – di aver assistito a un film con la “f” maiuscola, come se ne vedono di rado.
Passato fugacemente al Festival del Cinema di Roma nel 2008, $9.99 è reperibile in dvd solo sul mercato estero, ulteriore prova di quanto il Belpaese sia refrattario nei confronti di un cinema d’animazione “adulto”, sottolineando l’errata convinzione che un film senza interpreti in carne e ossa sia rivolto solamente a un pubblico di mocciosi urlanti: di quanti altri Valzer con Bashir abbiamo bisogno prima di cambiare questa stupida tendenza, e poter finalmente vedere sul grande schermo gioielli come $9.99?