L’innocenza dei carnefici, la colpevolezza delle vittime
Sono molteplici le chiavi di lettura cui si apre The Hunter, in concorso a Berlino nel 2010 e passato anche all’ultimo Torino Film Festival. Ci si può fermare alla superficie delle cose, e osservare la tragedia dell’uomo comune Ali che perde moglie e figlia per colpa di una sparatoria come semplice revenge movie privo di fronzoli e orpelli: Ali in cerca di cieca vendetta imbraccia il fucile, ammazza due poliziotti (ma avrebbero potuto essere anche due civili, se avesse sparato qualche secondo prima), scappa e viene catturato nei boschi. Punto.
Oppure ci si può tuffare più in profondità, e accettare gli indizi che progressivamente il regista Rafi Pitts – tutt’altro che un carneade: classe 1967, collaboratore di Doillon e Godard e autore già nel 2003 di un documentario su Abel Ferrara – dissemina lungo la sua sceneggiatura. A partire dall’istantanea che apre il film, scattata nel 1980 da Manoocher Deghati e raffigurante un gruppo di Guardie della Rivoluzione Islamica (altrimenti detti pasdaran) in motocicletta durante le celebrazioni per il primo anniversario della rivoluzione. Trent’anni dopo Pitts sembra chiedersi cosa sia rimasto di quella foto e quanto il popolo iraniano sia stato derubato da quell’atto di ribellione. La piccola storia di una famiglia distrutta colpevolmente vittima del fuoco incrociato fra polizia e manifestanti si fa così parte per il tutto, sineddoche e metafora politica sull’impossibilità di una normalità a causa del regime (è l’Iran, ma potrebbe essere qualunque altro Paese ammorbato dal cancro della dittatura). Non ci si può rifugiare, né evadere, né scomparire, e ogni tentativo di dialogo affoga nella tensione e nella corruzione di una società aggressiva pronta ad esplodere come una bomba ad orologeria. Ali, muto e sbigottito davanti all’assordante stupidità del fanatismo, carica la sua arma e sale sulla collina. Che senso ha parlare di cacciatori e prede? Esiste una differenza fra innocenza e colpa quando la vendetta è l’unico orizzonte storico perseguibile? “In Iran, quando invitiamo qualcuno a cena, gli offriamo il maggior numero possibile di piatti, ma poi è libero di scegliere cosa mangiare” ha dichiarato Pitts. “Io rispetto il pubblico offrendogli l’opportunità di pensare come meglio preferisce”. A noi la scelta, dunque. E a lui, all’autore fuggito dal proprio Paese nel 1981 allo scoppio della guerra tra Iran e Iraq, l’urgenza della denuncia morale ed etica attraverso uno sguardo cupo e inequivocabile sulla vita a Teheran al tempo di Ahmadinejad.
The Hunter – Il cacciatore [Shekarchi, Germania/Iran 2010] REGIA Rafi Pitts.
CAST Rafi Pitts, Mitra Hajjar, Ali Nicksaulat, Hassan Ghalenoi.
SCENEGGIATURA Rafi Pitts. FOTOGRAFIA Mohammad Davudi. MONTAGGIO Hassan Hassandoost.
Thriller, durata 90 minuti.