Gianni ed Edoardo
“L’uomo più potente del mondo”; “l’ultimo uomo del rinascimento”; “un avvoltoio”: queste sono le definizioni di Giovanni Agnelli date dalla stampa internazionale e italiana con le quali si apre il documentario di Giovanni Piperno dedicato all’”avvocato” e alla sua storica famiglia.
Probabilmente nessuna delle tre definizioni citate è più vera delle altre, ma ciascuna è significativa nel descrivere un aspetto della variegata personalità del potente uomo. Per affrontare una così complessa e discussa figura, Piperno sceglie di non seguire una strada lineare e storiografica “da reportage”, preferendo un altrettanto complessa costruzione: non è rispettata la continuità cronologica e l’uso di materiali diversi alternati, o affiancati, dal montaggio, permette di saltare tra diversi argomenti, personaggi e contesti. Allo stesso modo, è significativo il modo in cui sono riprese le testimonianze di amici, conoscenti e giornalisti: per una particolare angolazione della cinepresa o un suo movimento, per l’insistenza su un particolare o su un elemento stravagante, o per la posizione della persona nel piano, sembra di assistere ad una serie di “quadri” in cui chi parla appare libero di ricordare e raccontare: così la presenza del regista è evidente, ma, allo stesso tempo, pare che i personaggi stiano parlando tra loro, o pensando, come se la cinepresa non ci fosse.
“Il pezzo mancante” vuole quindi mostrare da varie angolazioni la complessità di una figura come “l’avvocato”. Compaiono anche gli altri membri della famiglia, ma sono visti tutti in relazione a Giovanni: maggiore spazio acquista solamente Edoardo, il figlio suicida. È proprio Edoardo a essere il “pezzo mancante” di tutta questa vicenda, nel suo essere così diverso e incompatibile con il mondo del padre. La figura del primogenito è l’ombra che ricopre tutto il film, che evita di sostenere le tesi dietrologiche dell’omicidio mascherato da suicidio, preferendo accennare a quello che, con grande rammarico per entrambi, era un fortissimo affetto offuscato da un’irrimediabile incomunicabilità e incomprensione reciproca.
Edoardo è rappresentato anche come una continuità di Giorgio Agnelli, fratello di Giovanni malato e morto in una clinica svizzera, di cui nulla si seppe fino alla morte di Gianni: come a voler dire che in una famiglia come gli Agnelli è inevitabile che qualcuno, un po’ diverso, soccomba.
Per evidenziare tutto questo, al documentario avrebbe giovato una maggiore durata, soprattutto in relazione allo stile “barocco” usato: troppe cose, sentimenti e figure sono solo accennate, non tutto è approfondito come era opportuno, in una visione certamente in più punti interessante, ma troppo caotica e abbozzata per essere del tutto efficace.