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Alps

lunedì 5 Settembre, 2011 | di Filippo Zoratti
Alps
Festival
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Voto autore:

68a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, 31 agosto-10 settembre 2011, Lido di Venezia

Le vite degli altri
È probabilmente prematuro parlare di una “nuova onda” del cinema greco. Eppure lavori come Dogtooth (2009, candidato agli Oscar e vincitore dell’Un Certain Regard a Cannes), Attenberg (2010, Coppa Volpi a Venezia 67 per Arianne Labed) e Alps stanno stabilendo nuovi confini, nuove estetiche e nuove modalità di fruizione attraverso cui inquadrare la cinematografia ellenica.

Oltre Costa-Gavras e Theo Angelopoulos, c’è un piccolo manipolo di autori che punta dritto all’urgenza narrativa, e allo shock visivo come veicolo comunicativo. Più che ad una florida primavera, la visione del trittico di film sopraccitati fa pensare ad un urlo disperato di denuncia, ad una valvola di sfogo, alla necessità di richiamare l’attenzione di chi guarda prima che sia troppo tardi. Come e meglio di Dogtooth e Attenberg, Alps (in concorso alla Mostra) è un trattato sociologico di feroce e grottesco realismo. La Grecia (l’Europa? Il mondo?) messa in scena dal regista Lanthimos è un non-luogo alla fine della civiltà – ammesso che per lui sia mai esistita – popolato da esseri umani spauriti e (per questo) violenti che (ri)stabiliscono nuove regole arbitrarie da seguire con ferrea disciplina. L’Alps del titolo è un servizio di “compagnia a pagamento”, che offre a chi sta soffrendo un lutto la possibilità di sostituire la persona scomparsa. I membri della società (una ginnasta e il suo allenatore, un medico e un’infermiera) vendono affetto, sesso e quotidianità, interpretando vite altrui meccanicamente. Seguono una sceneggiatura fatta di dialoghi fasulli e circostanze ripetitive: la ragazzina tennista che parla dell’ultimo match, il marito che bacia la moglie cieca prima di uscire per andare in ufficio, la donna diabetica che litiga col fidanzato. Ancora una volta, oltre che sull’imposizione sociale, Lanthimos riflette sull’anonimato come chiave di lettura da cui è impossibile fuggire. Se nel precedente Kynodontas (“canino” in italiano e, appunto, Dogtooth nella traduzione inglese) un padre e una madre costringevano i figli a passare la loro esistenza chiusi in casa senza nomi né riferimenti che non fossero quelli decisi dai genitori, qui gli “attori” del gruppo vivono solo nelle “interpretazioni” che gli vengono impartite, confondendo e perdendo la propria reale personalità (e in questo, l’inquadratura finale della ginnasta che abbraccia il suo allenatore rimescola nuovamente gli elementi in gioco). Ora, quelli che alle prime battute potevano sembrare solo film bizzarri acquistano una forma meglio definita imponendosi alla nostra visuale. Ciò a cui assistiamo è la perdita di identità di una intera nazione, che non solo non sa più come rialzarsi, ma che addirittura non capisce più chi deve né vuole essere. È più facile distogliere lo sguardo che continuare a osservare, proprio perché l’argomento inizia a riguardarci da vicino.

Alps [Alpeis, Grecia 2011] REGIA Yorgos Lanthimos.
CAST Ariane Labed, Aris Servetalis, Johnny Vekris, Aggeliki Papoulia.
SCENEGGIATURA Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou. FOTOGRAFIA Christos Voudouris. MONTAGGIO Yorgos Mavropsaridis.
Drammatico, durata 93 minuti.

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