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Applausi. E’ sempre più raro, all’infuori dei festival, sentire applaudire il pubblico in sala sui titoli di coda di un film, ma dopo la visione di Pearl Jam Twenty l’applauso è stato sincero e lungo. Il documentario di Cameron Crowe celebra il gruppo di Seattle a vent’anni dall’uscita del disco Ten, che li consacrò nell’olimpo dei nuovi gruppi emergenti della scena musicale americana.
Le canzoni e i testi dei Pearl Jam sono i protagonisti in un documentario che ripercorre la carriera del gruppo attraverso lo sguardo del loro fan numero uno: Crowe. Non poteva che essere l’artefice di questo film lui che, dopo aver seguito i suoi gruppi preferiti nella veste di critico musicale, nel 1992 realizzò il manifesto del “mondo” grunge di cui facevano parte i Pearl Jam, gli Alice in Chains e i Soundgarden: Singles–L’amore è un gioco. Tanti musicisti protagonisti di quel periodo sfilavano nel film che ne consacrò il boom mediatico, e li ritroviamo attraverso materiali dell’epoca e interviste registrate oggi come testimonianza di un periodo storico che è alla base del bagaglio artistico dei Pearl Jam. Attraverso un racconto che mischia eventi cronologicamente non lineari, Crowe assembla elementi pubblici e privati, anche inedite chicche, che in alcuni momenti regalano profonda emozione per i fan che come lui hanno vissuto queste storie, esprimendo onestà e verità e, anche quando ci si ricorda delle persone perse per strada negli anni, non cade mai nel patetismo. Vediamo un giovane Eddie Vedder, leader dei Pearl Jam, che si accosta timidamente alla scena musicale per poi arrivare, negli anni, a gridare i suoi principi e a denunciare il marcio della società americana tra un concerto “marchetta” per MTV e un abbraccio nei backstage con Kurt Cobain. Riscopriamo il periodo in cui Vedder si arrampicava sulle impalcature durante i concerti, per poi approdare ai momenti di maturità segnati dallo slegarsi dalle regole commerciali e ai periodi di crisi creativa e personali dovuti all’incidente del 2000 al Roskield festival in cui persero la vita nove persone tra il pubblico accalcato sotto il palco. PJ20 ripercorre anche le battaglie fatte da Vedder e soci contro il “sistema musica”, come il famoso processo contro la multinazionale di vendita di biglietti per spettacoli americana Ticketmaster, e anche la lunga denuncia contro la presidenza Bush. Un gruppo, i Pearl Jam, di grande talento, che ha regalato pagine memorabili e che, nonostante le classiche incomprensioni interne, è ancora in attività, sempre commercialmente indipendente ma ripagato dalle grandi folle. Ad alcuni questa operazione celebrativa potrà sembrare un po’ funerea, invece è una documento storico sulla società americana e un tentativo di smitizzazione del concetto stereotipato della rockstar destinata sempre alla autodistruzione e alla vita breve. PJ20 è un documentario magari poco originale nella sua struttura classica e già vista, ma sincero e necessario; la giusta reazione che alla fine provoca, è un fragoroso applauso e pelle d’oca per tutti noi.