Una commedia con poca fortuna
E’ a partire da Fiori di ictus, commedia scritta da Vincenzo Salemme sul gioco d’azzardo, che si sviluppa l’idea dell’ultimo film di Paolo Costella (Tutti gli uomini del deficiente, Amore con la “S” maiuscola, A Natale mi sposo, Fratelli Benvenuti).
Scritto insieme ad un corposo team di sceneggiatori, tra i quali Massimiliano Bruno e lo stesso Vincenzo Salemme, Baciato dalla Fortuna vuole raccontare la storia di un paese, l’Italia, (o almeno di una parte di esso) che per tradizione non ha mai smesso di affidarsi alla sorte come unica possibilità di risolvere i problemi e di condurre una vita appagante. Vigile urbano napoletano nella città di Parma, Gaetano (Vincenzo Salemme) è oppresso da un lato dalle richieste economiche di una ex moglie frigida ed estremamente attaccata al denaro (una bravissima Paola Minaccioni), e, dall’altro, dai debiti contratti a causa dell’elevato tenore di vita preteso dalla nuova (a sua insaputa fedifraga) compagna Betty (Asia Argento). Visceralmente legato al gioco del Superenalotto, Gaetano gioca da sempre gli stessi numeri tre volte alla settimana con la speranza di cambiare vita. Tuttavia un giorno, a causa dell’insistenza di Grazia (Nicole Grimaudo), sua giovane amica neo laureata in psichiatria e a corto di pazienti, Gaetano perde l’opportunità di giocare la sua sestina che proprio in quell’occasione uscirà per un valore di 120 milioni di Euro, facendolo finire in ospedale. Commedia di evidente matrice teatrale, a tenere le fila di Baciato dalla Fortuna sono soprattutto le notevoli capacità attoriali di Vincenzo Salemme e Alessandro Gassman – quest’ultimo nel ruolo del comandante dei vigili urbani, donnaiolo incallito e particolarmente interessato alla carne delle mogli dei suoi sottoposti-, elementi che permettono alla commedia di riuscire nell’intento di far sorridere sul gioco e sulla superstizione. Tuttavia, anche se più volte esplicitamente esibito, il richiamo alla tradizione napoletana appare più che mai sbiadito, essendo invece molto marcata l’influenza di ritmi e dinamiche tipicamente televisive, sensazione rafforzata anche dalla presenza di celebri e capaci volti del piccolo schermo (si pensi alla coppia Giacobazzi-Graci). Ed è probabilmente in questa dimensione che risiedono i limiti di questo lavoro. O meglio, se da un lato risulta abbastanza ovvia una certa adesione a logiche di tipo televisivo – data l’appartenenza al genere della commedia comico farsesca italiana degli ultimi anni cui appartiene anche questo film, e a cui va però riconosciuto il merito di differenziarsi per la mancanza di quella becera volgarità tipica del genere -, dall’altro, pesa l’eccessiva discrezione di una regia che troppo si affida all’esperienza e alle capacità dell’ attore -qui capocomico- napoletano e più in generale al ben assortito cast di attori. Sortendo così il consueto effetto di non fare male a nessuno, e perdendo ancora una volta l’occasione di dimostrare le grandi e antiche potenzialità del genere comico.