Giù al nord 2
Dany Boon, un franchising vivente. Con alle spalle il successo planetario di Giù al nord (20 milioni al botteghino francese e una formula meravigliosamente esportabile all’estero, il Benvenuti al sud nostrano è lì a dimostrarlo), l’artista di Armentières rifà a distanza di due anni lo stesso identico film. Come per i cinepanettoni italici, squadra che vince non si cambia (finchè dura).
Dal divario Nord/Sud all’odio Belgio/Francia l’intelaiatura narrativa resta la medesima: due personaggi di diversa origine geografica e sociale costretti a dividere tempistiche, luoghi e attività. Ce l’immaginiamo Dany Boon, pressato assai dalla necessità di replicare ed essere all’altezza dell’inaspettato trionfo che fu. Che fare allora? Lanciarsi senza paracadute in inesplorati e impervi territori o adagiarsi comodamente su ciò che si conosce a memoria e che sarà ancora una probabile nuova fonte di incasso? La seconda, grazie. Anche perché a ben guardare, Boon resta anzitutto fedele a se stesso: all’esperienza di mimo di strada e al riscontro ottenuto nel 2003 con lo spettacolo teatrale Dany Boon à s’baraque et en ch’ti, imperniato sull’uomo ordinario alle prese coi calembour generati dalle incomprensioni linguistiche. Commedia dei buoni sentimenti senza la minima pretesa che non sia quella commerciale, Niente da dichiarare? propone una ricetta semplicissima: da un lato Ruben, doganiere zelante di Koorkin e fiammingo verace da generazioni; dall’altro Michel, uomo in perenne buona fede, di stanza al confine francese di Corquain. I due seguono alla perfezione i luoghi comuni del rapporto secolarmente complicato tra Belgio e Francia, ma si vedono costretti a collaborare quando nel 1993 si spalancano le frontiere per volere della Comunità Europea. Dietro al paravento dell’antica formula della commedia francese basata sulla contrapposizione tra reazionario esagitato e sempliciotto dal cuore d’oro – Louis de Funès un po’ si rivolta nella tomba – prende forma una barzelletta lunga quasi due ore, una storia di “zuccherino” razzismo inevitabile portatrice (mal)sana di messaggi retorici ed elementari sulla fratellanza e l’unione dei popoli (ciò che divide può unirci, no?). Nonostante la mancanza pressoché totale di mordente e l’esclusiva buona riuscita delle gag “epidermiche” (la sgangherata auto che borbotta, le mimiche facciali dei protagonisti e i giochi di parole comunque castrati dal doppiaggio) noi il rifacimento italiano lo temiamo già, incentrato – chissà – sulla difficile interazione tra un italiano e uno svizzero al confine di Lugano.
Niente da dichiarare? [Rien à déclarer, Francia/Belgio 2010] REGIA Dany Boon.
CAST Benoît Poelvoorde, Dany Boon, Julie Bernard, Karin Viard, François Damiens.
SCENEGGIATURA Dany Boon. FOTOGRAFIA Pierre Aïm. MUSICHE Philippe Rombi.
Commedia, durata 108 minuti.