1, 2, 3…e 4?
Nel 2007 il capostipite, dell’ormai lunga serie di Paranormal activity, divenne un piccolo caso cinematografico principalmente per il budget ridottissimo con cui Oren Peli realizzò la pellicola e per l’idea di finto documentario (certo non un’innovazione) che riprende l’ignoto con piccole telecamere a spalla.
Ormai siamo al terzo capitolo, il piccolo budget non esiste più, come la produzione indipendente sostituita dalla Paramount, la regia è passata ad Ariel Schulman ed Henry Joost (dopo il passaggio a Tod Williams per la seconda “puntata” di attività paranormali del 2010) e siamo giunti alla fase prequel oramai tanto in voga per i blockbuster americani di successo. Dopo aver analizzato le due sorelle Kristi e Katie rispettivamente nel primo e nel secondo Paranormal Activity, ora si cercano le scontate origini nell’infanzia delle due, tornate alla luce attraverso molte videocassette realizzate dal compagno della madre. Qui vediamo la più piccola parlare con la famosa entità, che in questo film si merita anche un nome, e iniziamo a scoprire inquietanti storie di comunione tra piccole donne e strane creature con l’obiettivo finale di spiegare a tutti i costi l’ignoto, insomma di portare alla luce uno dei motivi del successo di questa saga: il non sapere con cosa abbiamo a che fare. Gli altri elementi che caratterizzano lo stile, se si può definire così, di questi tre capitoli, ci sono invece tutti. L’attesa estenuante sia dei personaggi che dello spettatore per tre quarti del film e la concentrazione dell’orrorifico solo nell’ultima breve parte finale. Certo è che se, arrivati a questo punto, chi è in sala sa come andranno le cose, nulla impedisce di fare qualche salto e aggrapparsi saldamente alle poltrone. Forse non ha ancora esaurito il suo potenziale ansiogeno la saga di Pranormal Activity, anche se il numero tre dovrebbe chiudere un cerchio su questa strana famiglia. Solo una piccola curiosità, una delle scene trasmesse nel trailer del film: le due bimbe chiuse in bagno che cercano di evocare uno spirito, nel film non è presente. A rievocare, come in un gioco, un fantasma, sono invece Katie e il collega di lavoro del patrigno, che viene ferito dall’ “entità” nell’escalation finale, caratterizzata da un ritmo di accadimenti sempre più incessante.