Al momento in cui sto scrivendo, sulla homepage di Repubblica online campeggia ormai da giorni una importantissima notizia, foriera di pruderie e scandalo: il nude look di Jennifer Lopez agli American Music Awards 2011.
Sconvolgente davvero. Forse un paio di quaccheri della Pennsylvania ne saranno stati turbati, il resto del mondo certamente se la riderebbe, se almeno si rendesse conto del livello di ipocrisia e oscurantismo cui si è giunti.
Il rapporto con la rappresentazione del sesso è il termometro di una società. Se oggi guardiamo i film italiani, europei o hollywoodiani degli anni Settanta, ci sorprendiamo per le numerose sequenze esplicite, coinvolgenti e apertamente erotiche che li caratterizzano. Da qualche tempo, invece, si è pressoché annientato lo strato di mezzo tra perbenismo e pornografia. Del primo son piene le fosse (e oggi possiamo anche ammettere che l’ossessione verso i festini dell’ex premier non ha costituito un vanto nemmeno per i media che se ne sono imbevuti fino alla nausea). Della seconda, invece – sia detto senza falsi moralismi – c’è una disponibilità preoccupante, visto che chiunque può entrare in decine di siti pornografici semplicemente “dichiarando” di essere maggiorenne. E questo, per una società che non sa offrire una educazione sessuale nelle scuole perché la Chiesa non vuole, e per un sistema dei media che allude sempre senza mai affrontare davvero il tema della sessualità, precipita poi le generazioni più giovani e fragili in una evidente distorsione dell’erotismo.
Il sistematico ricorso all’allusione sessuale – nelle commedie, nei film sentimentali, nei dialoghi del cinema medio – non deve apparire un geniale espediente simile alla grande “elusività” dell’epoca del codice Hays, ma semplicemente un rimedio grottesco al problema più grande: il tramonto dell’erotismo nel cinema ufficiale. È rimasto solamente il cinema d’autore più di nicchia a riportare talvolta il corpo e il godimento al centro del discorso, ma quasi sempre in funzione antagonista e di lotta (Chéreau, Carax, Brisseau, von Trier, Gallo, LaBruce, etc.). Per il resto, siamo assuefatti da tempo a tagli di montaggio su spigoli di pelle, a contorcimenti delle attrici per occultare il seno, a dissolvenze al nero e altre pratiche di pudibonda miseria. E non c’è niente di peggio delle commedie esplicitamente dedicate al sesso, come il recente filone degli “scopamici” e della “new comedy”: in Bad Teacher si considera più naturale mostrare Justin Timberlake con una macchia di sperma sui pantaloni piuttosto che un nudo frontale di Cameron Diaz. Se vi sembra sano.