Emigrazione: un riassunto
Di fronte ad un prodotto nazional-popolare come Almanya – La mia famiglia va in Germania gli unici termini di paragone che vengono in mente sono lo scatenato East is East (1999, di Damien O’Donnell) e il cinema di Fatih Akin.
Ed è facendo riferimento a quei modelli alt(r)i che si possono facilmente fraintendere e sovradimensionare le intenzioni di un’opera prima molto meno riuscita, ficcante e densa di quanto possa sembrare. Ovvero: nel film di Yasemin Samdereli (scritto assieme alla sorella Nesrin) vale molto più l’argomento di cui si parla rispetto al modo in cui viene affrontato. “Come sarebbe stata la mia vita se fossi nata in Turchia e non in Germania?”: se lo domanda la bella Canan, nipote poco più che ventenne di quell’Huseyin che 45 anni prima emigrò dalla nativa Anatolia per contribuire al miracolo economico tedesco. Per tutta risposta il patriarca decide di acquistare una vecchia casa in Turchia, e di andare a passarci le vacanze con tutta la famiglia. Nonno e nonna, i quattro figli e i rispettivi nipoti partono in pullman verso un atipico on the road, filtrato dagli occhi e dalla sensibilità del familiare più piccolo, Cenk. Questa è la storia di un uomo qualunque, parte per il tutto dei movimenti migratori che l’essere umano compie ed è sempre stato costretto a compiere. La pur pregevole facciata da “monito ad esplorare le proprie radici e le proprie coscienze” (mal)cela però una dolciastra glassa di nostalgia a buon mercato, cui si somma una sghemba caratterizzazione dei personaggi: non si supera mai la macchietta (su tutte la figura dello zio ossessionato dalla Coca Cola, che in gioventù fu per lui simbolo della modernità), e l’approssimazione si fa via via più stonata a causa di una serie di eventi costruiti ad hoc per gonfiare di senso e contenuto la morale finale. Le sorelle dietro la cinepresa cercano di insabbiare un eccessivo coinvolgimento emotivo – il copione è ispirato alla loro vita – alternando picchi di causticità a insopportabili buonismi, e seminando qua e là frasi ricolme di significati (“siamo la somma di tutto ciò che è successo prima di noi; siamo tutto ciò che accade dopo che non esistiamo più”, voce off su lacrimevole tramonto). Alla fine del viaggio – e con una chiusa finale stucchevole, evitabilissima – la montagna di stimoli e di spunti abbozzati da Almanya partorisce il solito topolino: un saggio di esotismo multietnico ad uso e consumo di chi, pigramente, si accontenta di conoscere l’immigrazione in modo superficiale ed elementare. Esattamente ciò che questo tipo di “commedie sull’integrazione” dovrebbe per principio aborrire.
Almanya – La mia famiglia va in Germania [Almanya – Willkommen in Deutschland, Germania 2011] REGIA Yasemin Samdereli.
CAST Vedat Erincin, Lilay Huser, Aykut Kayacik, Aylin Tezel, Siir Eloglu.
SCENEGGIATURA Yasemin Samdereli, Nesrin Samdereli. FOTOGRAFIA The Chau Ngo. MUSICHE Gerd Baumann.
Drammatico/Commedia, durata 101 minuti.