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The Son of No One

lunedì 19 Dicembre, 2011 | di Andrea Moschioni Fioretti
The Son of No One
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INEDITO

Il passato non ritorna
Ritornare nei luoghi e tra le persone della propria gioventù, seppur per la scrittura di un film, è per un regista una scelta quasi sempre azzeccata e psicologicamente esorcizzante.

Nel passato i vari Coppola, Scorsese e in qualche modo il nostro Tornatore, quando hanno raccontato il proprio vissuto  hanno realizzato opere sincere e tra le loro migliori; Dito Montiel giunto alla sua terza regia inedita in Italia, con The Son of No One prosegue il suo cammino autoriale tra i luoghi e le situazioni della sua adolescenza, purtroppo però questa volta non colpisce nel segno. The Son of No One è in qualche modo in linea con i due precedenti film del regista del Queens, per tematiche, luoghi e scenografie “naturali”, ma la sua marcata impronta autoriale rischia di far scivolare in secondo piano la trama e il mistero che ci si aspetterebbe da un film crime.

Jonathan White ( Channing Tatum) è un giovane poliziotto che tra una vita familiare turbolenta e una lotta al crimine nel quartiere del Queens dove è nato e ha vissuto, inizia ad essere minacciato per un crimine commesso insieme ad un amico in gioventù. Jack cercherà di difendere la sua fragile famiglia e la propria figura, ora finalmente rispettabile, con ogni mezzo,  per cercare di dimenticare una volta per tutte il suo incubo riemerso all’improvviso…

La trama è un classico nella filmografia poliziesca americana, ma Montiel,  attraverso il racconto di situazioni che sicuramente conosce, ma che per lo stesso motivo lo tengono “troppo legato” alla vicenda, ne scardina alcuni elementi caratteristici. Manca l’azione frenetica di un crime e la vicenda in alcuni momenti risulta un po’ stiracchiata come succede per esempio in un altro inedito che respira la stessa aria del film di Montiel, Stone di John Curran, ma è da sottolineare ancora una volta la capacità di Montiel di ibridare il cinema d’autore con quello di intrattenimento. Il suo sguardo onnisciente gestisce con notevole efficacia il risultato finale, a questo si somma l’ottima direzione degli attori che forse sono “imitazioni” di personaggi reali, la sua regia non risulta mai banale e ormai al terzo film il suo stile è ben marcato. In un cast notevole che affianca a Ray Liotta un Al Pacino in un ennesimo ruolo da poliziotto e una sempre più internazionale Juliette Binoche a una sempre meno attrice Katie Holmes, si eleva dal coro l’ottima interpretazione di Channing Tatum che regge il film da solo e che si discosta sempre più dall’immagine di belloccio solo muscoli di film quali Step Up; la sua incursione nel drammatico nata con  Guida per i conoscere i tuoi santi, il primo film di Montiel, e proseguita con la seconda opera del regista Fighting, è sempre più raffinata e lo fissa meritatamente nell’elenco dei nuovi volti di Hollywood da tenere d’occhio. Un’ opera onesta, ben diretta e ben recitata quindi, ma che si dimentica presto a differenza delle pellicole precedenti di Montiel, che forse sia arrivato il momento di abbandonare il passato per spaziare in altre realtà? Dito, alla prossima!

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