Memorie di una signora di ferro
La figura di Margaret Thatcher è difficile da interpretare: senza dubbi una donna forte, l’unica ad essere stata eletta Primo Ministro nella storia della Gran Bretagna, e per ben tre mandati, amata da molti, odiata da altrettanti.
Insistere sulla demenza senile che ha attaccato la mente della donna distrae dal focus sul percorso personale che l’ha portata ad ambire alle più alte cariche dello Stato, per non parlare di come sia trascurato il lato politico dell’era Thatcher. L’idea di entrare nella mente di un personaggio controverso, tralasciando l’aspetto pubblico e conosciuto dal mondo riguardo al suo operato, poteva essere un lato nuovo e inesplorato sul quale molto si sarebbe potuto spaziare. Invece la regia di The Iron Lady, per quanto cerchi di essere innovativa, si dimostra piatta: giocare così massicciamente con il tempo, intrecciando passato e presente fino a fonderli insieme nella stessa inquadratura, necessita una sicurezza e un’abilità che qui sembrano sopite. In alcuni momenti pare che il film riesca a fare il salto di qualità, ma è solo un’illusione dovuta all’alto tasso di emotività messo in gioco nell’intero progetto, che smuove la coscienza e l’animo dello spettatore – soprattutto la scena finale tra Margaret e Denis – insieme a piccoli richiami a titoli più fortunati (come non ricordare gli esercizi vocali de Il discorso del re quando qui si vede un tentativo poco riuscito di avvicinarsi al buffo umorismo che contraddistingueva la scena del biopic sul monarca inglese). Più che ad aspirare ad una completezza di informazioni, il film punta tutto sul suo cavallo vincente: la Streep dà il massimo di sé, confezionando una versione della Thatcher ammorbidita e consumata, fisicamente più bella dell’originale. L’inquadratura sembra dipendere da lei, cercandola e trovandola spesso sola e al limite dell’ossessione a lottare per i suoi ideali. Lei e un etereo Jim Broadbent, ombra frutto delle allucinazioni della moglie, cercano e riescono a risollevare le sorti della pellicola, ma i limiti imposti anche alla sfera personale annullano di molto le loro capacità espressive. Le donne forti e coraggiose che Meryl Streep ha portato sullo schermo sono molte, regina fra tutte la cocciuta e solitaria protagonista de La mia Africa, dando ad ognuna di loro la profondità del suo tocco sempre impeccabile: lo stesso trattamento è riservato anche alla Lady di ferro, in un film vuoto, tanto discusso quanto dimenticabile.
The Iron Lady [Id., Gran Bretagna/Francia 2011] REGIA Phyllida Lloyd.
CAST Meryl Streep, Jim Broadbent, Olivia Colman, Anthony Head.
SCENEGGIATURA Abi Morgan. FOTOGRAFIA Elliot Davis. MUSICHE Thomas Newman.
Biografico/Drammatico, durata 105 minuti.