Questioni di brand
“È ora che le donne sostengano, senza vergogna, il proprio diritto al piacere sessuale!”. Sarebbe stato lo slogan plausibile di un’ipotetica campagna di lancio del più celebre fra i sex toys: il “massaggiatore elettrico” (al secolo, vibratore).
È proprio in questa chiave, quella del femminismo, che il film di Tania Wexler intende raccontarci la genesi di questo straordinario strumento. Siamo nel 1880 a Londra: Mortimer Granville, un giovane medico fiducioso delle più recenti scoperte scientifiche, si barcamena tra un ospedale e l’altro, rimbalzato da primari ancora avvezzi a metodologie obsolete. Tutto si trasforma con l’incontro del dottor Dalrymple (di cui Granville diventerà assistente), esperto di isteria femminile e abile nel praticare il poco ortodosso “massaggio della vulva” come cura per le proprie pazienti, salvo poi scoprire, alcuni mesi dopo, nello studio di un amico esperto di congegni elettrici, uno strumento stupefacente… Due sono le figlie di Dalrymple: Emily, ligia e tranquilla studiosa di frenologia, e Charlotte, polemica e ribelle che trova la sua ragione di vita nella causa delle suffragette, nell’ideale socialista del riscatto del ceto più povero e non si risparmia il conflitto con il padre, di cui contesta, in particolar modo,la specializzazione. L’apparizione del personaggio di Charlotte non è casuale, ma nella forma dello snodo narrativo, necessaria allo sviluppo tematico della vicenda. La storia, dunque, si presenta come un vero e proprio racconto morale e come tale suggerisce un utile insegnamento: l’orgasmo non è da intendersi come la cura di un’inesistente patologia femminile (l’isteria) ma come la condizione di una libertà sessuale alla quale le donne, come gli uomini, devono approcciarsi con gioia. Detto ciò viene spontaneo domandarsi che ruolo abbia, all’interno dell’intreccio, il famoso strumento elettrico tanto sbandierato in sede di battage pubblicitario, ed è qui che sta il problema. Com’è possibile che l’oggetto attraverso cui si costruisce l’appeal del prodotto occupi una posizione tanto marginale all’interno della vicenda? L’acclamato giocattolo sessuale, infatti, ricopre un ruolo drammaturgico assolutamente marginale e pare presentarsi esclusivamente quale simpatico diversivo e non, come ci si sarebbe potuti aspettare dal trailer e dalla frase di lancio, quale vera e propria esca narrativa. La debolezza di Hysteria sta proprio in questa incapacità di sfruttare il proprio brand, delineandosi quale prodotto confuso e disorganico.