Lo sciopero dell’amore
Il problema dell’identità femminile e delle pari opportunità con l’uomo ha radici lontane; la donna ha sempre dovuto lottare per affermare se stessa e le proprie peculiarità poiché la supremazia maschile glielo impediva.
Questo è il tema attorno al quale si sviluppa il nuovo film di Radu Mihaileanu. È la storia delle donne di un villaggio del Maghreb, alle quali, con una tradizione che va avanti da generazioni, spetta l’ingrato compito di recarsi a prendere l’acqua ad una fonte lontana attraverso un impervio e faticoso percorso. Ciò è costato loro non solo fatica ma la perdita di molti dei figli che portavano in grembo. Non poche difficoltà attendono queste compagne che attraverso lo sciopero dell’amore cercheranno di far valere i propri diritti e di poter scegliere ciò che è meglio per loro in un mondo che ha sempre denigrato e schiavizzato l’essere femminile e nel quale gli uomini hanno sempre preferito mettere un velo ai volti delle proprie mogli, piuttosto che ascoltarne le ragioni.
Affrontando il tema del rapporto uomo-donna nel mondo islamico, dove l’uno impone e l’altra obbedisce, il film scardina le idee tradizionali della cultura araba per la quale essere donna è sopportare il dolore in silenzio. A mettere in discussione questi sistemi è Leila (Leïla Bekhti), “la straniera” venuta del sud e sposata a uno degli uomini del villaggio, Sami (Saleh Bakri), maestro nella scuola del paese e unico sostenitore della sua causa. Una giovane con un passato disonorevole che grazie alla sua forza e tenacia riesce a dare fiducia e speranza ad una comunità che celebra il passato ma non riesce a progredire attraverso il cambiamento.
La sorgente dell’amore è un film che trae la sua forza dal coraggio e dal desiderio di libertà e che comunica attraverso il canto delle maghrebine. Il canto rappresenta la loro forma di protesta, una melodia con la quale si esprime il senso di insofferenza che le affligge e che arriva infine a scalfire i cuori degli uomini, già aridi e spenti come il suolo ove sorge il villaggio. La rivolta per l’acqua altro non è che una metafora per la conquista dell’emancipazione: la donna è come la terra che gli uomini devono innaffiare affinché diventi fertile e rigogliosa.