Un forilegge a Hollywood. Il mondo di Roger Corman, Bologna- 12-20 aprile 2012
Il testo e il sottotesto
La Cineteca di Bologna rende omaggio a Roger Corman, premio Oscar alla carriera nel 2009, figura centrale del cinema indipendente americano, regista e produttore di grande talento capace, grazie alla forte inventiva e intraprendenza, di portare il B-Movie a elevati livelli qualitativi, non tanto sul l’aspetto stilistico – pur se tecnicamente impeccabile, condizionato sempre dai limiti produttivi legati alla categoria – quanto sul piano contenutistico.
Quelli che altrimenti sarebbero stati semplici “filmetti” da drive-in, Corman li arricchisce di una profonda e precisa visione del mondo e della società americana contemporanea, mettendone in luce le contraddizioni (L’odio esplode a Dallas), i mutamenti in atto (I selvaggi), le paure più recondite (I vivi e i morti, Il pozzo e il pendolo, I maghi del terrore, La maschera della morte rossa, La tomba di Ligeia), i limiti etici (L’uomo dagli occhi a raggi X), ribaltandone e rivalutandone, in definitiva, il mito (La legge del mitra, Il clan dei Barker).
I film della rassegna, selezionati tra i più di cinquanta diretti dal “B-Movie King” tra il 1955 e il 1990, presentano un quadro piuttosto esaustivo di questo autore spesso trascurato dalla critica istituzionale e che solo recentemente sta ottenendo una più che meritata rivalutazione. A completarne il ritratto, il documentario Corman’s world: exploits of a Hollywood rebel di Alex Stapleton, omaggio a una delle figure più significative dell’indie statunitense, guru per un nutrito gruppo di registi e attori che hanno debuttato nelle file della sua produzione, ma anche e soprattutto a un certo modo di fare cinema, di cui Corman si fa tutt’ora instancabile sostenitore: un cinema “povero”, ma ricco di un sottotesto profondo e intelligente.
Attraverso interviste a collaboratori e amici (tra cui Martin Scorsese, Jack Nicholson, Robert De Niro, Peter Fonda, Peter Bogdanovich) e allo stesso Corman, se ne ricostruisce la carriera e le “avventure” che hanno sempre accompagnato la realizzazione dei suoi film facendone spesso dei cult, riferimenti esemplari di guerrilla filmmaking.
Gli aneddoti si susseguono a ritmo incalzante in un’atmosfera tra il celebrativo e il nostalgico di un tempo e uno stile che ormai non esiste più. Su tale assenza riflette proprio l’ultima parte del documentario, incentrata sul parziale allontanamento di Corman dall’ambiente cinematografico nei primi anni Ottanta, quando, causa i mutamenti degli stili di produzione, il regista si trova – come successe a George Méliès – a non poter più rispondere alle nuove esigenze commerciali. Questo però non per impossibilità tecnico-produttive come per il pioniere del cinema francese, bensì per una questione puramente etica ed artistica. Trovando in Guerre stellari il segno lampante di tale mutamento, Corman sostiene che: “i grandi studios cominciarono a capire che ciò che facevamo noi con pochi dollari, loro potevano farlo con milioni”, esprimendo così il disappunto verso le nuove, prepotenti logiche di mercato, che hanno reso vetusto in poco tempo tutta la tradizione “artigianale” del cinema d’exploitation, che trova il proprio pressoché unico canale di distribuzione nell’home video.
È dunque nei ringraziamenti che Quentin Tarantino e Jonathan Demme rivolgono al loro maestro in occasione della sua premiazione agli Oscar e nella finale commozione di Nicholson, che si riassume ciò che è (stata) l’opera di Corman nel panorama cinematografico americano: una piccola bottega di splendori.