Identità di vampiro
Chi è il vampiro? Domanda che potrebbe esser trascurabile e stucchevole, se non fosse che in questi ultimi anni abbiamo avuto una serie di risposte estremamente variegate, e in alcuni casi contrapposte l’una con l’altra. Lungi da me fare qui un riassunto delle varie incarnazioni che il vampiro ha subito in questo periodo, è però necessario tenere a mente come questa figura sia stata notevolmente rivalutata, dando vita a veri e propri fenomeni di massa.
Proprio da questo aspetto si deve iniziare a parlare di Thirst, pellicola diretta dal regista culto Park Chan-wook e conosciuto soprattutto per Oldboy, presentata a Cannes ormai tre anni fa vincendo il premio della giuria. Come si diceva in precedenza, è dalla rielaborazione del concetto di vampiro che il film trae origine. Mentre in altre pellicole al centro del discorso si trova la dicotomia tra essere romantico e decadente, contrapposta a quella di figura dalla dirompente forza erotica e priva di vincoli morali, qui Park Chan-wook si concentra su un aspetto che finora è stato spesso in secondo piano, annunciandolo fin dal titolo: la necessità fisiologica più importante, il bere e il sopravvivere, ma con la necessità morale di non uccidere.
In Thirst questo dilemma è notevolmente rimarcato dal fatto che il protagonista, tramutatosi in vampiro dopo aver contratto il morbo durante un esperimento andato male, fosse in precedenza un prete cattolico. Lo scontro che nascerà all’interno del personaggio è irrisolvibile, l’amoralità e gli impulsi che la nuova natura richiedono sono inconciliabili con l’etica cristiana che precedentemente aveva giurato di seguire. Più il tempo passa e più il protagonista prende coscienza della sostanziale differenza che lo separa da un essere umano: la forza superiore e i sensi acuiti lo convincono di aver superato ogni limite impostogli, soprattutto quello legato alla propria morte. Il prete via via si lascia andare alle proprie pulsioni, rompendo così il voto di castità, frattura che rappresenta, di fatto, il motore narrativo della vicenda. L’incontro con la moglie di uno dei pazienti nell’ospedale (in cui lavora) amplifica la sua inibizione fino al liberatorio atto sessuale, che sancisce l’unione tra i due e il trapasso della vita precedente. Unico baluardo insormontabile è l’omicidio, atto di cui rifiuta di macchiarsi (meglio prelevare il sangue dai pazienti in coma, piuttosto), fino a quando non saranno due atti d’amore (grotteschi) a richiederglielo: l’assassinio del vecchio mentore, che rivuole la vista attraverso la sua trasformazione in vampiro, e l’uccisione del marito del suo nuovo amore.
Chan-wook unisce ottimamente il melò e la commedia in modo sarcastico e grottesco, seppur con qualche preziosismo registico di troppo, mostrando l’uomo non ontologicamente benigno, ma che al contrario ha bisogno di concetti che trascendono la sua natura, in grado di regolare l’etica e la morale. Il cristianesimo e i suoi crismi non divengono però dei dogmi, ma al contrario a essere sempre sottolineata è la libertà di decisione che nell’uomo non deve mai esser secondaria, e che lo rende capace di emanciparsi agli impulsi più istintuali. Ecco, forse è questa la vera differenza tra uomo e vampiro.