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Il dittatore

lunedì 18 Giugno, 2012 | di Valentina Cauteruccio
Il dittatore
Speciale
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L’irriverenza fatta a uomo
Sacha Baron Cohen, un nome che equivale a una garanzia di successo. Con poca eleganza ma molta originalità, nel film di Larry Charles, Sacha interpreta il dittatore di un fantomatico stato nel nord dell’Africa, un uomo che potrebbe essere uno dei molti ex leader visti cadere uno dietro l’altro, quasi come in un domino, negli ultimi anni.

Il leader supremo Aladeen non è solo un dittatore dall’esecuzione facile, è anche il capo di una popolazione che vive sopra un enorme tesoro: il petrolio. Durante il suo viaggio nella democraticissima New York – e qui l’ironia raggiunge i suoi apici – Aladeen viene spodestato dal suo trono, sostituito con una versione ancora più idiota di lui, e si ritrova a vagare per le strade della Grande Mela sconosciuto e solo. È ospite di un green market, democratico ma poco funzionale, dove abbandona definitivamente il politically correct dando sfogo a quelle battute che ogni tanto vorremmo fare, ma che ci vergogniamo anche solo di pensare, per paura del giudizio altrui. Nel frattempo il dittatore trasforma una piccola oasi di buon cibo e rispetto per gli altri – quindi non concorrenziale e destinata a fallire – in un negozio che riesce a guadagnare e sopravvivere, anche se lo fa con metodi poco tradizionali.
Il “femminismo” è incarnato da una giovane ragazza, capelli corti, peli sotto le ascelle: lo stereotipo racconta bene (purtroppo) l’idea comune delle donne che difendono il loro “essere donne”.
In definitiva il film di Larry Charles narra, con sarcasmo e senza alcun ritegno, tutti i pregiudizi americani (ma non solo) riguardo a chi sta a lato della società; elimina le differenze tra i dittatori e la democrazia fittizia di quel mondo che si definisce evoluto.
Il film porta a galla l’ironia per cui negli ultimi decenni noi stessi abbiamo deciso di sacrificare parte di quei benefici raggiunti con la democrazia per poter combattere i “cattivi” del mondo orientale. Ci lasciamo intercettare e spiare in ogni momento, permettiamo di inculcarci la convinzione che chi parla una lingua arabeggiante quasi sicuramente è un terrorista. E non è facile saper far ridere di tutto questo.

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