Uccidere per lavorare
InHuman Resources (2012) è il quarto cortometraggio realizzato da Michele Pastrello, regista veneziano emergente, e come i precedenti anche questo film sa cogliere i problemi che affliggono la società contemporanea per trasformarli in immagini struggenti. Se Ultracorpo (2011) accennava soltanto alla crisi economica italiana, InHuman Resources ne fa la tematica di fondo.
Il corto in questione è per quasi tutta la sua durata costituito da una sfida tra quattro ragazzi, ognuno dei quali determinato a ottenere il premio finale. Sembrerebbe quasi un videogame se non fosse che per vincere la sfida bisogna uccidere tutti gli altri partecipanti e la posta in gioco riguarda un posto di lavoro, un privilegio che soltanto uno potrà ottenere. É incredibile come Pastrello metaforizzi la questione lavorativa italiana (e non solo) con un gioco mortale che mischia assieme horror e dramma. Il messaggio è chiaro: in una situazione come la nostra pur di lavorare si è disposti anche ad uccidere. Una sfida senza limiti fra i capannoni vuoti e deserti di una fabbrica – il simbolo dell’attuale crisi in cui le industrie falliscono, chiudono, licenziano i dipendenti e nel frattempo l’economia cola a picco – che vede protagonisti dei poveri ragazzi – i veri protagonisti della crisi – che pur di lavorare arrivano ad uccidere i propri avversari con ogni mezzo. Persone che in condizioni di “normalità” non arriverebbero a tanto ma che, in una situazione così nera dove ormai non c’è più nulla da perdere, si trasformano in assassini pur di sopravvivere, nonostante siano consapevoli che ciò che fanno è sbagliato. Vengono a cadere le regole della civilizzazione e ognuno segue il proprio istinto di sopravvivenza, se la situazione non cambia questa sembra l’unica regola per il nostro futuro.
Ma il gioco dei quattro ragazzi è ben più macabro perché controllato tramite microcamere posizionate fra i viali della fabbrica e sui vestiti dei ragazzi. Chi controlla sono i manager della società nella quale il vincitore andrà a lavorare: sembra non esserci scampo al controllo esercitato dalla classe dirigente sulle masse inermi. E che dire del finale in cui il vincitore, ottenuto l’ambito posto di lavoro viene applaudito in una riunione con il manager per aver superato la “prova”. Attraverso questa macabra metafora Pastrello – e siamo solo al quarto cortometraggio – ancora una volta colpisce per la franchezza con cui analizza la contemporaneità e ci fa riflettere – anche se non ce ne sarebbe bisogno – sulla crisi che ci affligge. Almeno il cinema italiano si è accorto di ciò che sta accadendo.