L’originalità perduta
Ciò che spinge a saltare in macchina per andare a vedere in sala Chernobyl Diaries – La mutazione è senza dubbio la sua location: Pripjat, città fantasma adiacente alla centrale nucleare di Chernobyl, evacuata nel 1986 a causa di un “piccolo incidente” che ha lasciato dietro di sé decenni di radiazioni, conseguenti deformità, oltre ad una irrisolta ombra di oscurità e mistero. Niente di meglio per un genere – l’horror, nella sua nuova veste found footage – il cui successo si basa sulla paura, ancor più se verosimile e credibile.
Il tempo dei titoli di testa ed ecco che ci si imbatte subito in un inizio da manuale: il classico gruppetto di ragazzi (donne con capelli e fisico perfetti, il folle che spinge a fare qualcosa di pericoloso, l’intelligente che ragiona con raziocinio, l’ingenua con scarsissimo controllo della situazione e così via), un flirt, un viaggio estremo. In questo caso, l’avventura consiste nella visita della città, o meglio, di ciò che ne è rimasto. Sostanzialmente, sembra di assistere alla versione ucraina di Hostel, capostipite del filone girato da Eli Roth sotto l’egida e il benestare di Quentin Tarantino. Come sempre, ad una prima parte fatta di entusiasmo e divertimenti subentra l’elemento di rottura: qualcosa non funziona. Che fare allora? Lo spettatore esperto è in grado di prevedere tutti gli accadimenti, e la delusione è tanta quando si avverano pari pari. I protagonisti cominciano così a morire uno ad uno (i primi a pagare sono sempre i più sprovveduti), fanno scoperte sconcertanti e, alla fine, o muoiono tutti o sopravvive il più intelligente, con il dubbio però di una sua contaminazione. A voi indovinare qual è il nostro caso. In Chernobyl Diares i rimandi ad altri film dell’orrore sono sterminati: dal già nominato Hostel (2006) a REC (Balaguerò, 2007), da Trenta giorni di buio (Slade, 2007) all’ovvio e quasi obbligato rimando a La notte dei morti viventi (Romero, 1968). Un giochino simpatico per gli appassionati. Una cosa è sicura: la scelta di Oren Peli (produttore del fenomeno Paranormal Activity e autore del romanzo di riferimento) di affidare la regia ad un tecnico di effetti speciali risulta indovinata. Le riprese quasi in modalità documentario incrementano la tensione, tanto che la macchina da presa è quasi un personaggio aggiuntivo. Le inquietanti musiche poi (firmate dall’italiano Diego Stocco), fanno il resto. L’adrenalina certo è alta e il linguaggio è notevole, ma, come accade spesso, si esce dal cinema con la sensazione di aver visto un horror di medio livello, fin troppo risaputo. Tuttavia, i feticisti del genere continuano imperterriti a tenere alti gli incassi, nella speranza che prima o poi arrivi un altro fenomeno Saw.
Chernobyl Diaries – La mutazione [Chernobyl Diaries, USA 2012] REGIA Bradley Parker.
CAST Jesse McCartney, Jonathan Sadowski, Devin Kelley, Nathan Phillips.
SCENEGGIATURA Oren Peli, Carey Van Dyke, Shane Van Dyke. FOTOGRAFIA Morten Søborg. MUSICHE Diego Stocco.
Thriller/Horror, durata 86 minuti.