Gag a gogò
Dopo quarantadue anni da Kook’s Tour, ultimo film dei The Three Stooges, i fratelli Farrelly riportano sullo schermo il trio comico americano – noto in Italia come “I tre marmittoni” – protagonista di tante pellicole che hanno divertito generazioni di piccoli e grandi spettatori.
I Three Stooges, capitanati da Shemp Howard, cominciarono la loro attività fin dai tempi del cinema muto, insieme ad attori come i Fratelli Marx e Stanlio & Ollio basando la loro comicità sullo slapstick e facendo largo uso della gestualità del corpo. Nel sodalizio, con l’avvento del sonoro, si alternarono diversi componenti ma lo stile restò pressoché identico con la predilezione per le gag fisiche per far ridere il pubblico. Ma veniamo al film: la storia racconta dei nostri eroi fin da piccoli quando, abbandonati dai genitori, vengono cresciuti in un orfanatrofio retto da suore, combinandone di tutti i colori. Ormai adulti, Moe, Larry e Curly, diventati un vero incubo per le religiose a causa delle loro ingenue malefatte, sono chiamati ad una nobile impresa: trovare i fondi per evitare che l’istituto venga chiuso e che i piccoli ospiti vengano dispersi in strutture assistenziali pubbliche. É l’inizio di esilaranti avventure che li porteranno a confrontarsi con un mondo a loro sconosciuto in cui dovranno cimentarsi con tutte le loro forze per riuscire nell’intento, senza mai rinunciare a prendersi a botte in testa, fare boccacce, arrischiarsi in buffe cadute e chi più ne ha ne metta. Il tutto destinato ad un target molto giovane che possa ridere di gusto alle smorfie degli attori e a cui, nei titoli di coda, i due registi si sono sentiti in obbligo di rivolgersi per spiegare alcuni dei trucchi usati al fine di evitare pericolose emulazioni con corpi contundenti. Forse a corto di idee, i fratelli Farrelly – dopo aver realizzato commedie di successo come Tutti pazzi per Mary, Scemo & più scemo e Amore a prima svista hanno cercato con questo film un rilancio; tuttavia mentre negli States questa forma di umorismo può avere ancora un certo effetto, in Italia dove la commedia dell’arte ha avuto ben altri interpreti, le trovate comiche sanno di vecchio e ad eccezione di alcune situazioni dotate di intrinseca vis comica, hanno poca presa.