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Contraband

lunedì 30 Luglio, 2012 | di Francesco Grieco
Contraband
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Scelte di regia ingiustificate
Un onesto film d’azione e niente più. Questo è Contraband di Baltasar Kormàkur e non è detto che sia poi un male. Il film fa della semplicità – anche nel titolo – e della linearità della storia i suoi pregi. Non accumula inutilmente confuse sottotrame, non disperde in rivoli narrativi il nucleo del racconto. Magari non approfondisce a sufficienza le psicologie dei personaggi e, utilizzando la black music nella colonna sonora in modo poco creativo, non ricrea un’atmosfera ben definita, un ambiente suggestivo e ricco di dettagli.

Sono, invece, semplicemente pedine di un congegno narrativo ben oleato Chris Farraday – un azzeccato Mark Wahlberg – e gli altri, dalla moglie Kate all’amico Sebastian fino al cognato Andy, ai complici sulla nave e al boss senza pietà. Non si comprende, quindi, la necessità di stare sempre addosso ai personaggi, se poi alla sceneggiatura non interessa molto delle loro sorti, scritta com’è per arrivare senza intoppi ad una conclusione tutt’altro che sorprendente. Il film è girato con uno stile di regia dinamico, che fa del primo piano e degli zoom in avanti, o indietro, gli strumenti per posizionare i personaggi al centro delle inquadrature, seguendone anche i piccoli movimenti laterali, con la mobilità della cinepresa. Fotografato dal versatile Barry Ackroyd (capace di passare con disinvoltura dai film di Ken Loach a Manchevski al cinema action di Bigelow e Greengrass), Contraband manifesta dunque una sorta di paura della staticità, al punto che questo stile si rivela ingiustificato nei momenti dialogati, dove a volte basterebbe qualche stacco in più per scongiurare il rischio di fissità. Stacchi spesso evitati in favore di un cambio di fuoco all’interno della stessa inquadratura, come per esempio quello che ci permette per un istante di spostare la nostra attenzione su Andy, nella scena che vede Chris e Kate al bar, davanti alla vetrina, ed Andy, inizialmente sullo sfondo dell’inquadratura, che aspetta fuori in auto. In questo caso, sarebbe stato più logico uno stacco sul primo piano di Andy e quindi un cambio di inquadratura. Nelle scene d’azione, tuttavia, le scelte di regia sono più efficaci e sensate: prova ne è la breve e violenta sequenza in cui Chris picchia Andy, ripresa con la macchina a mano. Un pestaggio molto realistico, dove davvero l’ex adolescente rissoso Wahlberg dà il meglio di sé.

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