Sabato 11 agosto 2012, Sky Classics, ore 22.50
Pugni in faccia
Contrariamente a quanto lascia credere il titolo italiano, nello slang americano “fat city” significa paradiso in terra. Ovvero Eldorado, mondo ideale per sua stessa definizione inaccessibile. Un luogo agli antipodi dal microcosmo sociale di Stockton, California, con i suoi locali malfamati popolati da disperati che cercano di aggrapparsi ad un motivo per continuare a vivere.
Tra la folla di mosche da bar dedite alla quotidiana miseria e alla sempiterna emarginazione, la cinepresa del regista John Huston stringe su Tully ed Ernie, inseguendo i loro dialoghi, i sogni, le sbornie, la complicità maschile ma soprattutto il comune destino alla sconfitta. Billy Tully, pugile trentenne che ha perso l’incontro più importante della sua carriera e che cerca di tornare sul ring dopo essere stato abbandonato dalla moglie, prende sotto la sua ala protettiva l’esordiente diciottenne Ernie Munger (interpretato da un giovanissimo Jeff Bridges), che si è dovuto sposare controvoglia perché la sua ragazza Faye è rimasta incinta: ed è subito fallimento. Perché ciò che per Tully è un’abitudine ovvia per Ernie diventa presto una scoperta cui non potrà sfuggire. Tra incontri persi, tentativi di unire le proprie solitudini con quelle di donne altrettanto sole e la bestiale fatica di guadagnare pochi dollari lavorando come braccianti nei campi, la speranza tramonta sul rovescio desolato e acre dell’America grassa e benestante. Nonostante la narrazione ci guidi verso un’inevitabile compassione e tenerezza per i personaggi, Città amara non è una retorica contemplazione (rischio altissimo quando si parla di metafore sportive), quanto piuttosto un dramma iperrealista venato di lirismo, una diagnosi lucida e disperata della condizione umana. Tutto contribuisce alla sincerità del racconto imbastito da Huston, dallo script di Leonard Gardner – anche autore del romanzo da cui il film è tratto – alla crepuscolare fotografia di Conrad Hall (che trent’anni dopo avrebbe vinto l’Oscar per American Beauty), fino all’equilibrio estetico della stessa regia, capace di fondere esigenze realistiche e gusto raffinato. Calati negli inferi della boxe di categoria infima assistiamo ad una deriva che lascia trasparire i connotati di uno scacco esistenziale ma soprattutto i tratti di un destino sociale ineluttabile, evidente. Lo capiamo fin dalle prime battute dei due protagonisti, proletari orgogliosi ma coscienti della loro condizione di perdenti nati. Ma se questo mondo è tutto per i vincitori, cosa resta ai falliti? La convinzione che qualcuno stia sempre peggio di loro. E il ritrovo al bancone dello stesso bar, con pochissimo da dirsi e pochissimo da spendere, nella cruda e dilaniante presa di coscienza che a loro il destino non concederà alcuna possibilità di riscatto.
Città amara – Fat City [Fat City, USA 1972] REGIA John Huston.
CAST Stacy Keach, Jeff Bridges, Susan Tyrrell, Candy Clark, Nicholas Colasanto.
SCENEGGIATURA Leonard Gardner. FOTOGRAFIA Conrad L. Hall. MONTAGGIO Walter Thompson.
Drammatico, durata 100 minuti.