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Prometheus

lunedì 17 Settembre, 2012 | di Leonardo Cabrini
Prometheus
Speciale
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Voto autore:

Schermi, archivi e paradossi temporali
A suo modo, Prometheus è un film ambizioso. Il tentativo di immaginare un mondo futuro alle prese con la conoscenza diretta delle origini dell’uomo, comporta da un lato il debito con il genere e il canone (impossibile non pensare a 2001: Odissea nello spazio) e dall’altro il rapporto con i riferimenti intertestuali legati, anzitutto, alla fama dello stesso autore (il confronto con Alien e Blade Runner).

Sorvolando sulla trama caotica, sulle discutibili scelte valoriali che l’operazione avalla, su una sceneggiatura disorganica e piena di buchi, ciò che rende in parte interessante il film è proprio questa sorta di ossimoro temporale (il costante contrasto passato/futuro) che funge da sfondo durante il corso della proiezione. Interessante perché il futuro immaginato dagli autori del film pare esorcizzare quella situazione di esubero delle informazioni che ci troviamo a dover dirimere oggigiorno. Se è vero che la nostra è una società basata sulla registrazione, anche in quel 2093 i personaggi si trovano dinanzi a uno scenario di schermi, ologrammi, immagini, archivi. Ma se la nostra condizione di mal d’archivio comporta il disagio di un surplus di materiale, molto rimasto sul fondo del barile, il panorama immaginato in Prometheus è costituito dalla consapevolezza, dalla capacità di destreggiarsi nel caos dei documenti. Non è un caso che sia proprio il robot David ad immagazzinare e riorganizzare le informazioni necessarie all’obiettivo: David ha la capacità di imparare alla perfezione le figure più remote del linguaggio, di apprendere per osmosi le forme culturali del genere umano (la Storia del Cinema su tutto) finanche di registrare, all’occorrenza, i sogni e il pensiero. E’ ovviamente David a scoprire dove si trovano coloro che hanno creato il genere umano, gli ingegneri, e lo fa riuscendo a far funzionare un ologramma. Anche gli ingegneri, infatti, tendono a registrare quanto accaduto loro, condividendo con l’uomo l’archetipica propensione (tutta cinefila) al complesso della mummia. Proseguendo irrimediabilmente (e, aggiungiamo, per forza di cose) con le letture standard dei mondi futuribili (pensiamo a quel 2015 in salsa eighties di Ritorno al futuro – Parte II), Prometheus pare ribadire la consueta considerazione sul tempo: per immaginare il futuro e inseguire il passato, non si può prescindere dalla riflessione sul presente.

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