Martiri del sistema
Un merito almeno va riconosciuto a Pascal Laugier: la convinzione che il cinema di genere sia in grado di affrontare tematiche di notevole importanza, anche in forme discutibili come in Martyrs, aspetto che ad oggi non è del tutto scontato sia da parte di chi realizza sia di chi giudica un film.
I bambini di Cold Rock ben rappresenta i limiti e i pregi di Laugier, regista dall’indubbio talento visivo che qui gioca con le luci in modo affascinante seppur sconfinando spesso nel manierismo, e posando la prima parte della pellicola su delle immagini ricorrenti nel filone del genere; qui queste vengono rimodellate e prolungate nella loro durata, facendone perdere il valore iconologico (come un corpo privo di sensi disteso sulla strada, progressivamente illuminato dai fari di una macchina) per ripensare al valore stesso dell’immagine. Vezzo autoriale? Può darsi, ma è innegabile la sua efficacia. Come al solito la cura della sceneggiatura in Laugier non è secondaria, e lasciati gli iperbolici salti temporali ad effetto di Martyrs, qui l’autore francese costruisce una struttura narrativa molto precisa rinchiudendo lo spettatore in una tripartizione – tipica anche nelle altre sue pellicole – che cambia continuamente prospettiva nei confronti della vicenda. Seppur funzionale questa costruzione a momenti sembra essere però più una gabbia, non tanto per chi assiste ma soprattutto per il suo regista costretto a cedere ritmo e qualità per creare la giusta aspettativa. Questa costruzione vede nella prima parte rispettare le regole del genere thriller, mettendo al centro il mistero della reiterata scomparsa di bambini del piccolo paesino di Cold Rock, colpito da una crisi economica irreversibile e nel quale aleggia la presenza del Tall Man, figura creata dagli abitanti per identificare un colpevole, mostruoso e inafferrabile, al male che li attanaglia. Se questa è la base di partenza del racconto, ciò cui si assiste successivamente è una progressiva decostruzione delle premesse senza arrivare però a un vero abbattimento del genere di partenza. I bambini di Cold Rock mette in scena il bisogno e la presunzione di una parte della società nella necessità del bene, lasciando però alle fantasie mitiche la parte speculare ad essa. Ciò di cui pecca spesso Laungier è la pretenziosità dei propri messaggi, ma non tanto delle intenzioni, ma nel modo in cui essi vengono enunciati: questi infatti vengono resi chiari quasi solo attraverso frammenti di dialogo, ricevendo di contro tutto il peso nel dare significato a ciò che compone la pellicola, una scelta questa che mostra ancora una mancata maturità da parte dell’autore nella capacità dell’enunciazione del significato.
I bambini di Cold Rock [The Tall Man, USA/Canada 2012] di Pascal Laugier.
Con Jessica Biel, Jodelle Ferland, Stephen McHattie, Samantha Ferris.
Sceneggiatura di Pascal Laugier, fotografia di Kamal Derkaoui, musiche di Todd Bryanton.
Thriller, durata 100 minuti.