New Hollywoodland
Che il cinema sia un’arte salvifica è qualcosa in cui credono fermamente due tipi di persone: i cinefili accaniti (come, ad esempio, la Redazione di Mediacritica) e quelli che il cinema lo fanno per vivere.
Ci crede sicuramente Ben Affleck, mentre si fa scivolare addosso i critici sconcertati dalla sua insospettabile abilità registica, testimone consapevole di uno showbusiness spietato capace di concedere molteplici resurrezioni.
Argo è la sua terza buona prova di fila, possiamo smettere di sorprenderci. Una divertente e appassionante declinazione del genere “la realtà supera la fantasia”, rimasticata con piacevolissimo gusto New Hollywood. Il 1980 in cui si muove il protagonista è territorio di passaggio tra i ’70, “anni marroni” di proteste, Vietnam e polvere, e gli ’80 a venire, assolati e frivoli. Nei ’70 nasce un cinema civile forte, in grado di riscattare l’America anche agli occhi di molti suoi detrattori, negli ’80 un manipolo di giovani autori prosegue un percorso di conquista hollywoodiana imbastendo storie coinvolgenti, intelligenti e spettacolari. Affleck illumina quella terra di frontiera storico/cinematografica affondando la macchina da presa nei dettagli di un periodo “così lontano, così vicino”. Il fumo di sigarette, le zampe d’elefante, le spesse montature d’occhiali ci restituiscono, contemporaneamente, un tempo e un cinema precisi e nuovamente attuali. Le tensioni mediorientali sono oggi ancora in fiamme (storici sostengono che la politica internazionale sia in stallo da 30 anni), e un manipolo di nuovi autori (vedi Clooney, che qui produce) anima una corrente cinematografica d’impegno che problematizza presente e passato, domanda allo spettatore partecipazione attenta, e intanto intrattiene con i ritmi solidi di script ben congegnati. Nell’incipit folgorante di Argo, che ripercorre la storia dell’Iran, Affleck non tace le gravi colpe statunitensi. E anche se si concede un finale autocelebrativo e retorico, il corso del film è diretto da una visione del mondo in cui sono le singole scelte individuali a muovere e costruire destini, al di là del contesto e della nazione di provenienza (e se questa frase vi ricorda il discorso di rielezione di Obama, è perché tutto si tiene nella grande narrazione collettiva liberal). E poi c’è il cinema, quello che salva: salva i diplomatici americani in fuga, gli iraniani incantati dagli storyboard, i bambini davanti a Guerre Stellari, Ben Affleck da una carriera che sembrava arenata in filmacci di cassetta, e tutti noi – americani e non, interessati ad appassionarci alle vicende di un mondo complesso, a far crescere la nostra consapevolezza attraverso un film. Può sembrare un’idea folle, inverosimile e naif, ma è un’ottima cattiva idea e, qualche volta, fortunatamente, funziona.
Argo [Id., USA 2012], REGIA Ben Affleck.
CAST Ben Affleck, Bryan Cranston, John Goodman, Alan Arkin.
SCENEGGIATURA Chris Terrio. FOTOGRAFIA Rodrigo Prieto. MUSICHE Alexandre Desplat.
Drammatico/thriller, durata 120 minuti.