Grey’s mania
Ogni serie televisiva è come un bambino: lo si accudisce in grembo per lungo tempo e, una volta maturo, lo li lascia andare nel mondo. E così la creatura fa i primi passi, si sviluppa e, presto o tardi, si spegne. Nel caso di Grey’s Anatomy, la gestazione dura da sette lunghi anni e non dà segno di rughe o smagliature.
Dopo il boom della prima stagione, la strada del format è spianata, nonostante i colpi incassati dal cast dopo la numero sei: l’abbandono di personaggi storici (e molto amati) come quello di Burke (Isaiah Washington), Addison (Kate Walsh), George (T. R. Knight) e Izzie (Katherine Heigl) e i problemi tra la produzione e gli attori facevano prospettare un drastico calo degli ascolti. Tuttavia, seppur si sia verificato un temporaneo allontanamento degli spettatori, la fidelizzazione è tornata, più attiva che mai, e vista la spietatezza del mercato televisivo, c’è da chiedersi quale sia la chiave di cotanta fama.
Ebbene, il segreto del format di casa ABC è l’innovazione continua. L’ottava stagione, attualmente in onda su La7 (la nona è già sugli schermi americani), non presenta i classici difetti di ridondanza e reiterazione dei “seguiti”, seppur mantenendo lo storico schema episodico: caso verticale autoconclusivo da un lato e sinossi orizzontale dall’altro. Al contrario, stravolge dal punto di vista linguistico: scene introspettive, drastici colpi di scena, regia mozzafiato, voce narrante perfettamente inserita. I maligni potrebbero inserire Grey’s Anatomy nella televisione di basso/medio livello, ma ricordiamoci che un’audience alta è sempre sintomo di qualcosa che funziona: che sia un attore strafigo, un linguaggio volgare o semplicemente un vero talento televisivo, come quello di Shonda Rhimes.
Grey’s Anatomy [Id., Usa 2005], IDEATORE Shonda Rhimes.
CAST Ellen Pompeo, Patrick Dempsey, Sandra Oh, Justin Chambers.
Medical drama, durata 43 minuti (episodio), 9 stagioni.