Il rischio che Eastwood corre con questo film
Più che un film sul baseball, appare chiaro fin dalle prime scene come Di nuovo in gioco sia una pellicola sulla terza età. Non solo perché il protagonista Clint Eastwood ha superato l’ottantina, e sembra che nessuno se ne sia accorto, ma anche perché è circondato da altri personaggi della medesima età.
Così quando Gus si rivolge al dottore per un inizio di cecità o quando svolge il suo lavoro di scout di giovani talenti o addirittura quando va al bar, tutti quelli che lo circondano non sono molto più giovani di lui. Forse è il tentativo di un’illusione per il pubblico: se circondo il protagonista di altri suoi anziani coetanei, quando lui si mette ad affrontare un giovane e ben piazzato ubriacone che molesta la figlia trentenne, la scena non appare patetica e irreale. Il trucco però non funziona, come non funzionava in Gran Torino un Clint che racconta la sua lunga vita attraverso le rughe sul viso, che affronta giovani della mafia cinese per salvare il vicino diciottenne. Il protagonista accanto a Eastwood è la vita che avanza, il diventare anziani e non accettarlo, accompagnato dal baseball che passa in secondo piano, e del rapporto padre-figlia che vede come compartecipe Amy Adams che porta un tocco di autorialità in più in un film che altrimenti scivola via senza lasciare nulla. Il finale è la parte più prevedibile e scontata, dove si recupera il rapporto tra i due (basta qualche giorno in viaggio insieme), Gus dimostra che nonostante l’età e la cecità riesce comunque a individuare ottimi talenti e la giovane figlia abbandona una carriera mai desiderata come avvocato per seguire le orme del padre e trovarsi un fidanzato, per la cronaca Justin Timberlake (non male nella nuova carriera di attore). Delle molteplici strizzate d’occhio ad argomenti più elevati e dei sottotesti meno scontati non rimane nulla, così nascosti e poco sviluppati che lo spettatore non solo fatica ad accorgersene, ma è talmente annoiato dalla fabula principale che non sente neanche il desiderio di cercare qualcos’altro. Rimane incomprensibile perché un attore, che amato od odiato comunque racconta un pezzo importante della storia del cinema, nonché regista oculato e non scontato, decida di prestare la sua imponente figura per una pellicola che si può benissimo fare a meno di vedere. L’unico motivo è la partnership duratura e ben riuscita che Eastwood ha con il regista Robert Lorenz, che supervisiona i film della casa di produzione di Clint e con cui lavora assieme dal 1994. Un piacere a un amico che poteva costare caro, se non fosse che a un colosso del cinema qualche pecca si perdona più facilmente.
Di nuovo in gioco [Trouble with the Curve, USA 2012] REGIA Robert Lorenz.
SCENEGGIATURA Randy Brown. FOTOGRAFIA Tom Stern. MUSICA Marco Beltrami.
Drammatico, durata 111 minuti.