A PROPOSITO DI PAUL THOMAS ANDERSON…
“One special thing”
Nel 1988 Paul Thomas Anderson ha un’idea accattivante che mette in scena in un breve mockumentary dal titolo The Dirk Diggler Story.
Nel 1995 lo spunto viene ripreso e ampliato e nel 1997, quando il regista ha 27 anni, un lungometraggio dalla lavorazione problematica alle spalle –Hard Eight– ed evidentemente un talento quasi irritante, vede la luce Boogie Nights: un film più lungo della norma sul mondo del porno negli anni Settanta, denso di personaggi, narrazione e padronanza del linguaggio cinematografico, tanto che i primi nomi ad essere scomodati nel paragone sono Scorsese e Altman. E si potrebbe cominciare proprio dall’abilità con cui per tutto il film Anderson disegna la scena attraverso occhi di varia natura, dagli sguardi ammirati alla cinepresa che zooma indiscreta, mentre puntano l’attenzione sull’oggetto del racconto, la parte anatomica che “fa” il protagonista, e che non potrà (quasi) mai essere mostrata. Dietro l’ascesa e la caduta di Eddie Adams/Dirk Diggler (Mark Whalberg) giovanissima “autentica” star del porno, c’è il racconto di un’epoca in cui l’immaginario e i suoi strumenti di diffusione sono in rapido mutamento, quando all’idealistico mestiere del produttore Jack Horner (un crepuscolare Burt Reynolds), quotidiano e appassionato, si sostituisce il rimpiazzo dell’artigianato pornografico con il mero consumo e l’interesse per il solo “utilizzo finale”: non è un caso se i turning point avvengono nella sequenza del Capodanno 1980, al passaggio del decennio, tra omicidi/suicidi, iniziazione alla droga e l’incubo del VHS. Ma Boogie Nights descrive anche il tentativo continuo di ricreare una normalità familiare e un appagamento psicologico, che nel personaggio di Eddie diventano, fuori da ogni ironia, una delle tante incarnazioni di un Sogno Americano illusorio. Quando la nuova famiglia di Dirk si disgrega, Anderson tiene tutto insieme con la perfetta gestione di spazi e movimenti, e con il sound, come nel momento di massima frammentazione, in cui ogni parte schizzata via esplode a sua volta in un bagno di sangue (Dirk picchiato, il porno-vérité fallito di Jack e Rollergirl, l’omicidio notturno). Se Amber (Julianne Moore) e Rollergirl (Heather Graham) sono le schegge spezzate più credibili, tutto il cast è degno di rimanere impresso nella memoria, e il finale, che ingloba elementi da happy ending hollywoodiano, riesce ad essere tenerissimo, perché una cosa è certa: oggi forse non più, ma nel 1997 Paul Thomas Anderson amava alla follia i propri personaggi.
Boogie Nights – L’altra Hollywood [Boogie Nights, USA 1997] REGIA Paul Thomas Anderson.
CAST Mark Wahlberg, Burt Reynolds, Julianne Moore, John C. Reilly, Heather Graham, Don Cheadle, William H. Macy.
SCENEGGIATURA Paul Thomas Anderson. FOTOGRAFIA Robert Elswit. MUSICHE Michael Penn.
Drammatico, durata 155 minuti.