L’ultimo tentativo mancato di Alison Bechdel
Fumettista di spicco della scena indipendente americana, Alison Bechdel esordisce negli anni Ottanta con Dykes to Watch Out For, serie a puntate che con leggerezza ha scardinato pregiudizi e stereotipi sull’omosessualità femminile e fornito ampi spunti alle fiction americane degli ultimi anni. Nel 2006 Fun Home trascina l’autrice fuori dai recenti di genere e dal mercato statunitense, portando alla Bechdel fama internazionale.
Autobiografico, ironico e commovente, la graphic novel analizza il rapporto col padre e Sei tu mia madre?, edito in Italia da Rizzoli nell’autunno 2012, presume di fare lo stesso concentrandosi sulla figura materna. La delusione è però innegabile. Malgrado la fumettista abbia raggiunto una notevole maturità di stile, questa non basta a rendere gradevole la lettura, affaticata dalla mancanza totale di narrativa. La madre è la grande assente della storia e il rapporto con la figlia passa in secondo piano, mentre scorrono pagine di sequenze in cui l’autrice ritrae se stessa durante una seduta psicoanalitica. Statico e incancrenito da elucubrazioni e sterili riferimenti a Winnicott, il racconto relega il lettore al ruolo di immobile voyeurista senza concedergli l’occasione di partecipare emotivamente al tormento – ostentato e compiaciuto – dell’autrice. Per quanto il fumetto si presti per struttura ai salti temporali o agli sketch che contraggono la narrazione, l’immediatezza del mezzo viene annullata dai fili sparsi che non trovano un vero e proprio raccordo in grado di unirli. Il parallelismo con Gita al faro di Virginia Woolf, a conti fatti, non legittima l’autorevolezza dell’intento della Bechdel e la stessa definizione di “metalibro” che dà di Sei tu mia madre? non coincide con la natura dell’opera. Più che un libro nel suo farsi sembra la rappresentazione dell’incapacità dell’autrice stessa di affrontare in modo diretto il tema, tergiversando e appigliandosi a degli espedienti: in pratica, il suo non-farsi. E le astrazioni filosofiche e psicoanalitiche, messe in bella mostra, da struttura portante diventano storia stessa. Ma l’autorialità di Alison Bechdel emerge senza timidezza nonostante i difetti: battute che fanno sorridere – anche se il sottotilo “Un’opera buffa” solleva non poche perplessità – o vignette in cui la qualità della fumettista si impone sulle mancanze complessive della graphic novel. Sei tu mia madre? resta comunque un tentativo coraggioso nel cimentarsi in un tema tutt’altro che semplice da districare: lo prova il grande potenziale narrativo che viene a galla solo nell’ultimo capitolo. Quasi fosse il vero inizio di un romanzo mancato o ancora da disegnare.