Odissea di morte
Come un gesso stridente sulla lavagna. Graffia le carni e raggela l’anima l’ultimo film di Tetsuya Nakashima, oggetto stratificato dall’indomabile bellezza estetica, esplorazione bulimica negli abissi della paura e della solitudine, sguardo impietoso sulla disperazione come collante delle relazioni umane.
Yuko Moriguchi (Takako Matsu, algida e cattivissima) è una giovane insegnante della scuola media da poco colpita da un gravissimo lutto. Sua figlia Manami, di soli quattro anni, ha perso la vita annegando nella piscina della scuola. Un tragico incidente, per le autorità competenti. Omicidio premeditato, per la madre in cerca della verità. Il cui istinto sa vedere oltre le prove indiziarie e arrivare dritto all’identità degli assassini: due studenti della sua classe. Una scoperta che segna l’inizio della fine. Si apre in media res la storia buia di Confessions, su un mondo adolescenziale preda della confusione e dell’indifferenza, con la vita lacerata che lo attraversa senza riuscire a penetrarlo se non per brevi momenti, quando la tensione spezza il respiro e la vendetta baratta il futuro con il vuoto della morte. Un avvio bellissimo e dal montaggio perfetto, rigoroso nelle forme e fluido nella scelta dei contrasti cromatici, nell’uso connotativo del ralenti (il regista viene dall’universo degli spot e dei videoclip), nel dosaggio dei tempi parlati e di reazione. Antefatto, vicenda, intenti: ci arriva tutto addosso in una sequenza che apre al “giro di vite” sulla parzialità dei punti di vista, sul valore della loro aderenza alla realtà, per poi partorire altre confessioni – altre “verità” – che incrementano esponenzialmente l’orrore insito nella banalità di azioni umane gratuite. Uccidere per apparire: gronda violenza e perversione la società rappresentata da Nakashima; piange lacrime di incomunicabilità e malsana competizione. Il dolore è una spirale che avvolge e distrugge, oltre la volontà del perdono, oltre il senso di colpa, oltre il bisogno insopportabile (perché inascoltato) di amore. Ferisce – visivamente, mentalmente – quella luminosità surreale delle immagini, la loro limpidezza foriera di caduta nell’abisso e se, nel procedere delle rivelazioni soggettive, il regista tende a mettere un po’ troppa carne (stilisticamente parlando) al fuoco, recupera nel finale con l’ultimo ribaltamento nel gioco delle parti. Che ha il retrogusto acido della sentenza inappellabile: è la vita, non la morte, la condanna più atroce. Un’opera matura e dallo stile personalissimo, non esente da qualche caduta retorica e scivolone didascalico ma piena, provocatoria e disturbante in maniera consapevole. Infine, una nota di merito per la musica, struggente e appropriata colonna sonora di esistenze votate alla deriva dell’autodistruzione.
Confessions [Kokuhaku, Giappone 2010] REGIA Tetsuya Nakashima.
CAST Takako Matsu, Yukito Nishii, Kaoru Fujiwara, Ai Hashimoto.
SCENEGGIATURA T. Nakashima. FOTOGRAFIA Masakazu Ato, Atsushi Ozawa. MUSICHE Toyohiko Kanahashi.
Thriller/Drammatico, durata 106 minuti.