Il Cinema Ritrovato, XXVII Edizione, 29 giugno – 6 luglio 2013, Bologna
Il mondo di Falstaff
La XXVII edizione del Cinema Ritrovato propone Falstaff di Orson Welles, restauro che solleva la questione più generale di come preservare la storia del cinema.
Se restaurare, infatti, significa attualizzare un film secondo i criteri estetici contemporanei, annullando così le peculiarità che identificano il momento storico in cui il film è stato girato, allora il lavoro svolto dalla Filmoteca Española non è un restauro nella concezione di odierno ammodernamento, ma una conservazione vera e propria dell’originale. Una “controrestaurazione” semmai, resistenza culturale all’omologante commercializzazione che falsifica anacronisticamente l’opera del cineasta. Nessuna modifica del suono dunque: un mono poco gradito tanto alla critica di allora quanto a quella di ora. Ma è proprio dietro a quei “difetti” e a quelle “contraddizioni” – che all’occhio o all’orecchio odierno risaltano come stonature – che si nasconde la storia del cinema. A partire dalla post-produzione, perché negli anni Sessanta girare un film in Europa non era come farlo negli Stati Uniti. Così l’odissea di Falstaff è all’insegna di “per un dollaro in più” con un produttore ansioso di racimolare quattrini e un regista che ci consegna una versione spagnola per il produttore e una inglese con piccole differenze solo in apparenza marginali, ma che rivelano la straordinaria capacità di Orson Welles di fare un film dal nulla. O low cost, come diremmo oggi. E visto che i paesaggi del XV secolo spagnolo non sono poi così diversi da quelli inglesi, Avila è come Canterbury e i luoghi scelti – quei ruderi medievali rustici e selvaggi così tanto reali! – si prestano a soluzioni scenografiche pazzesche. Welles falsifica lo spazio con delle inquadrature a specchio che moltiplicano la grandezza degli ambienti: ci illude e ci riesce perfettamente. Anche le enormi differenze di contrasto che mostrano tante gradazioni di bianco e di nero non sono errori a ben guardare, ma risorse che stupiscono. Come il colore di un abito che in una sequenza è nero, in un’altra è grigio. Una foto a colori svela l’arcano: era blu! Ma se Welles applicava un filtro arancione otteneva un nero, se non lo metteva l’abito risultava grigio. Preservare quella fotografia significa dunque raccontare la storia del cinema, così come tradire l’immagine d’epoca significa tradire la Weltanschauung wellesiana. La guerra e i suoi principi sono orribili, per questo il regista li rappresenta neri e recita nelle vesti barbute del tragico-comico Falstaff: “L’onore non è che un mero stemma da mortorio, e così finisce il mio catechismo”.
Falstaff [Campanadas a medianoche, Spagna 1965] REGIA Orson Welles.
CAST Orson Welles, Margareth Rutherfort, John Gielgud, Marina Vlady, Walter Chiari.
SCENEGGIATURA Orson Welles. FOTOGRAFIA Edmond Richard. MUSICA Angelo Francesco Lavagnino.
Commedia/Drammatico, durata 111 minuti.