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66° Festival del film Locarno: appunti sul cinema italiano

mercoledì 14 Agosto, 2013 | di Edoardo Peretti
66° Festival del film Locarno: appunti sul cinema italiano
Festival
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66° Festival del film Locarno, 7 – 17 agosto 2013, Locarno

Italiani a Locarno: pubblico é privato
Le connessioni tra pubblico e privato, tra l’intimo e la Storia, danno linfa ai film italiani visti alla 66a edizione del Festival di Locarno, a partire dall’unica nostra opera in gara nel Concorso Internazionale: Sangue di Pippo Delbono, ideato e vissuto dal regista con Giovanni Senzani, uno degli ultimi leader delle Brigate Rosse.

Questo nonostante Sangue sia, come il precedente Amore carne, innanzitutto un’opera estremamente personale e intima. Girando con lo smartphone e con una fotocamera, Delbono cattura e immortala gli ultimi giorni di vita dell’adorata madre, gli ultimi incontri e gli ultimi confronti, fino al momento della morte. La semplicità del mediacritica_sangue_1linguaggio e dei mezzi usati sono funzionali a cogliere il senso e l’essenza più profondi degli attimi rappresentati, che così possono essere trasmessi nel loro significato più puro e immediato. Anche Senzani è nello stesso periodo colpito dalla malattia e dalla perdita dell’amata compagna Anna: la vicinanza all’amico regista e la comunanza di vicende spinge il brigatista ad aprirsi, per esempio sulle torture subite in carcere o sulle sensazioni provate durante e dopo l’esecuzione di Roberto Peci, e a riflettere sull’onda lunga creata dalla scelta della lotta armata. Il “politico” non è solo portato, inevitabilmente, dalla presenza stessa e dai racconti di Senzani, ma il parallelo tra lutto personale e dolore pubblico è esplicitato dalla scelta di aprire e chiudere il film nelle strade del disastrato e abbandonato centro storico de L’Aquila, simbolo di un paese ferito e colpito da terremoti reali e morali a cui rimangono solo rabbia e speranza. Un legame tra privato e cronaca simile alimenta un film diversissimo dal diario intimo di Delbono: La variabile umana di Bruno Oliviero, presentato in Piazza Grande. Il documentarista Oliviero per il suo esordio nel lungometraggio di finzione sceglie il noir metropolitano, in cui è centrale più che l’indagine in sè la descrizione dello smarrimento dell’ispettore protagonista e del rapporto con la figlia. Sullo sfondo, come in Cha cha cha di Marco Risi, lo squallore e il torbido del potere, che da dietro le quinte determina e manovra i destini dei personaggi e i loro rapporti. Concentrandosi soprattutto sulle atmosfere urbane come specchio dei sentimenti e degli stati d’animo, Olivero mostra i disagi e i malesseri privati come in qualche modo conseguenze di un sistema pervasivo e nascosto. Nel documentario di Penelope Bortoluzzi (fuori concorso) La passione di Erto invece la Storia si radica nel “privato” di un’intera comunità: quella di Erto, uno dei paesi colpiti il 9 ottobre 1963 dalla sciagura del Vajont. La rievocazione della passione di Cristo – tradizione risalente al 1631 – diventa così espressione di una forte identità locale minacciata e un mezzo per mantenere viva e costante la memoria. Alternando ricostruzioni storiche, analisi etnologica e le testimonianze degli “attori”, Bortoluzzi riesce a rappresentare con efficacia come il folklore e le tradizioni diventino strumenti di reazione e di rielaborazione delle ferite inferte dalla Storia.

Sangue [Italia/Svizzera 2013] REGIA Pippo Delbono.
CAST Pippo Delbono, Giovanni Senzani, Margherita Delbono.
Drammatico, durata 98 minuti.

 

La variabile umana [Italia 2013] REGIA Bruno Oliviero.
CAST Silvio Orlando, Giuseppe Battiston, Alice Raffaelli, Sandra Ceccarelli.
Noir, durata 83 minuti.

 

La passione di Erto [Italia/Francia 2013] REGIA Penelope Bortoluzzi.
Documentario, durata 78 minuti.

 

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